Corriere della Sera - Sette

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«Ero nella sala d’aspetto del dentista con altri due uomini. Mi guardavano, poi distogliev­ano lo sguardo, poi tornavano a guardarmi. Uno chiede all’altro: ma chiel lì, secund tì, l’è Carlo Fruttero? – quello lì secondo te è Fruttero? – e l’altro rispondeva: ah, sai nen, non so. Poi stanno un po’ zitti. Poi ricomincia­no: Per mi a l’è chiel, per me è lui. Mah, può essere. Io facevo finta di niente e ascoltavo. Il primo a un certo punto dice all’altro “Ai ciamuma?”, glielo chiediamo? E l’altro: ma no, lasuma perdi. Lasciamo perdere».

QUESTO ANEDDOTO,

che il grande Carlo Fruttero raccontò allo scrittore Dario Voltolini, riassume un carattere cittadino molto comune. Un proverbio recita: «piemontese, falso e cortese». Errore.

Il piemontese è l’opposto: non enfatizza simpatie, ammirazion­i, familiarit­à, nemmeno se autentiche. È il contrario della falsità: nell’epoca dello storytelli­ng, è diventato un pregio unico.

Ma spesso (come sopra) è anche il contrario della cortesia. Prendiamo proprio l’indifferen­za – mascherata da “discrezion­e sabauda” – per i personaggi famosi. È una qualità a doppio taglio. Permette oggi a Cristiano Ronaldo, che vive a Torino da luglio, di sedersi in una pizzeria di via Mazzini, nel rispettoso silenzio degli altri clienti (su Instagram

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