Non siamo tutti allenatori (e nemmeno tutti virologi)
«PASSI GLI ANNI A STUDIARE…
sei un luminare… ma arriva un cretino a dire ti sbagli… tempi strani questi qua, il mondo alla rovescia, quando più parli meno sai, più ti danno retta… vai su Facebook a commentare con le tue tesi complottare… sono tutti servi dei poteri forti».
Un momento di televisione epico: Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Davide “Boosta” Dileo e i Jaspers. Una cover di Tutti i miei sbagli dei Subsonica, a Quelli che il calcio (RaiDue), dedicata all’immunologo Roberto Burioni.
Burioni, marchigiano, tifoso laziale (visto che si parla di Quelli che il calcio), è una figura poco italiana, cioè quella dello scienziato che si ostina a cercare di spiegare una complessa materia come la virologia a un pubblico assetato di teorie cospiratorie, superstizione, complotti delle case farmaceutiche, rimedi alternativi, omeopatia, curcuma, oroscopo.
Individuato immediatamente come “antipatico” perché non ama essere bacchettato su temi scientifici dal primo che passa su Twitter, oggetto di numerose minacce, Burioni fa un’opera meritoria sui social media e, quando lo chiamano, in tv. Era andato per esempio da Fazio, bravo a invitarlo in un clima politico come quello attuale, e aveva spiegato che «vaccinarsi non è un atto di protezione individuale, ma un gesto di responsabilità sociale, come non guidare ubriachi. Serve a proteggere coloro che non possono essere vaccinati e rischiano come i bambini Aleksandar Kolarov, 33 anni, terzino serbo della Roma, recentemente ha attaccato i tifosi: possono arrabbiarsi, ma non fare tattica; spesso di calcio non capiscono nulla troppo piccoli o quei diecimila bambini che stanno guarendo da un tumore».
Meritorio anche Dileo che modifica con humour il testo di una sua canzone per raccontare questo strano fenomeno, quello dei virologi dilettanti
(fa impressione che gli stessi disposti a insultare un medico non si permetterebbero mai, per esempio, di spiegare al pilota dell’aereo come si atterra).
CI SONO VOLUTI DEI MUSICISTI,
e due comici, per raccontarci una cosa serissima, allarmante, come questa: la scienza è stata ormai tramutata in un tema di discussione da bar, come il calcio appunto. Siamo tutti allenatori, e ora siamo tutti virologi. In questo clima caotico, quando dovrebbero essere altri – le istituzioni, per esempio – a supportare il lavoro degli scienziati (quelli veri che hanno studiato per decenni, non quelli dilettanti diplomati su Google), la medicina finisce per avere bisogno di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Come i ragazzacci di Quelli che il calcio ela loro canzone diventata subito virale.
AVEVO APPLAUDITO,
qualche giorno prima, un altro momento di grande televisione: il terzino serbo Aleksandar Kolarov (Roma) aveva detto una verità dolorosa che, credo, non può non aver fatto piacere anche al laziale Burioni:
«Il tifoso può essere arrabbiato e può esprimere la sua opinione allo stadio, ma deve anche essere consapevole che di calcio capisce poco.
Non parlo solo del tifoso della Roma, ma dei tifosi in generale. A me piace tanto il tennis, ma non capisco niente. Stessa cosa col basket: sono cresciuto con la pallacanestro ma non ne capisco niente. Posso fare il tifoso, ma non mi permetterei mai di mettermi a parlare su come deve giocare Djokovic solo perché è serbo. Posso fare il tifo e basta. Ci sta che io mi incazzi se perde, ma non mi permetterei mai di fare tattica. Questo ragionamento vale per tutti i tifosi in generale, non solo per i tifosi della Roma. Qui si chiacchiera tanto, si spreca fiato ma alla fine non si dice niente».