GLI SCATTI DISTRATTI SUI DESTINI ALTRUI
LA VITA DEGLI ALTRI
può diventare, a volte, un souvenir. Il loro ricordo entra nella nostra memoria, prendendo spazi all’inizio imprevedibili. Guardate queste turiste cinesi, che si fotografano l’un l’altra davanti al muro che separa cupamente il Messico dagli Stati Uniti. Una volta tornate a casa, che cosa rappresenteranno nelle giornate di queste donne le vite di Juan Valenzuela, Lorenzo Landeras, Alex Gomez, Ruben Robles, Melvin Salas? Cinque nomi tra tanti, cinque sfondi pittoreschi per un ricordo. Eppure, con quelle lettere scritte a vernice sui pilastri del muro, qualcuno ha voluto imprimere un segno che, se non più largo della vita, è grande almeno quanto:
Juan, Lorenzo, Alex e migliaia d’altri, i cui nomi stanno sul versante messicano del muro, hanno provato a varcare la soglia del loro destino, lasciando il Centro America per giocarsi le carte nel Nord, nella terra degli yankees.
Ci sono riusciti? Hanno vinto? Hanno perso? Non lo sappiamo. Ma la loro traccia, il segno di una vita, è ora nei cellulari di queste turiste cinesi. Un dato certo, valutabile in megabyte. Siamo tutti soggetti o sfondi di foto altrui. Entriamo di passaggio, come battito d’ali, nei file fotografici di chi, compulsivamente, scatta, scatta, conserva. Pensateci un attimo: in quante foto d’innamorati sconosciuti sarà finito il nostro volto, la nostra vita?