Ai politici piacciono i ravioli al burro? E chi se ne frega!
«DEVI PUBBLICARE
almeno sei post al giorno, e pace se i contenuti, quando va bene, sono insignificanti». Cadono le braccia a leggere le motivazioni con cui Mariastella Gelmini ha spiegato giorni fa al Tempo perché ha deciso di dar vita al blog di Stella: «Quando ho lanciato l’idea di un mio blog dedicato a problematiche di attualità che la politica troppo spesso colpevolmente trascura, le persone a cui ho sottoposto l’idea mi hanno chiesto: Stella, hai già la pagina e i profili, che bisogno c’è di un blog? Domanda legittima, cui ho risposto e rispondo così: nell’era dei social network, in cui la comunicazione viaggia a ritmi vorticosi e per tenere il passo degli algoritmi devi pubblicare almeno sei post al giorno, e pace se i contenuti sono, quando va bene, insignificanti, il blog aiuta a fermare le parole, stimola la riflessione, favorisce l’approfondimento».
Sul serio? Opinioni. Colpisce però, al di là delle buone intenzioni, la rassegnazione alla dittatura dell’andazzo.
I sei post obbligatori al giorno. I contenuti insignificanti o peggio. Così fan tutti, non capisco, ma mi adeguo. Messaggi devastanti. Figli di una politica che giorno dopo giorno, quali che fossero un tempo gli ideali, ci crede sempre di meno.
Solo la «narrazione» conta. Ed ecco nel 2014 l’invasione social di Matteo Renzi che cinguetta il primo tweet da Palazzo Chigi alle 6.43 del giorno di insediamento («al lavoro, sui dossier più urgenti!») e ne lancerà tanti ma tanti da «primeggiare per la sua capacità di coinvolgere gli utenti di Facebook» (parole del dossier Blogme- Il ministro dell’Interno Matteo Salvini in un selfie, postato su Facebook, davanti a un buffet di fritti
ter) triplicando perfino Beppe Grillo con «14.200 interazioni (menzioni, retweet, reply, favorites) contro 5.300» fino a dirsi «sicuro che se Dante fosse in vita scriverebbe sul suo blog parole al vetriolo».
UN TRIONFO, COME SI È VISTO,
esauritosi con la rapidità di un post. Puff! Sparito. Lasciando spazio a Danilo Toninelli («Ho revocato la revoca della concessione al mio barbiere»), a Luigi Di Maio («Oggi è un giorno storico! Oggi è cambiata l’Italia! Abbiamo portato a casa la Manovra del Popolo che per la prima volta nella storia di questo Paese cancella la povertà!»), a Matteo Salvini… Il più presente di tutti.
Sparate a parte, un giorno comunica che è «un po’ stanchino» come For rest Gump, un altro che ha la cervicale e «il braccio sinistro che formicola», un altro ancora cosa fa per cena:
«Due etti di bucatini Barilla, un po’ di ragù Star e un bicchiere di Barolo di Gianni Gagliardo». Il tutto «alla faccia della pancia!» E della pubblicità occulta. Altro rapporto serale: «Dopo una luuunga giornata di lavoro fra Africa ed Italia, casa, doccia calda, ravioli al burro, un bicchiere di rosso, la partita in tivù e il vostro affetto». Indimenticabile l’invito ai fans a mandargli le foto dei loro gatti. Un trionfo: «L’altra sera avete inviato così tante foto dei vostri “bambini felini” che ho pensato di ripubblicarne alcune, è bello avere qualche micio in pagina che porta un po’ di tranquillità serale». Geniale la replica di un twittarolo: la foto di un mastino con l’elmetto del Duce: «Molti mici, molto onore!» Incontenibile, Matteo. «Stare sui social per me, prima che un piacere è un dovere. I cittadini mi pagano lo stipendio ed è mio dovere informarli su come impiego il mio tempo, nella lotta alla mafia, nel contrasto all’immigrazione clandestina, cosa faccio, chi incontro al ministero. Poi ci aggiungo anche momenti privati come la foto di un piatto di pasta quando mangio o una canzone di De André o altro. L’ho sempre fatto perché mi piace condividere quello che faccio, non c’è una strategia». Pure Elisa Isoardi voleva forse condividere la condivisione, postando la foto di lui nel suo letto. Violazione della privacy? Mah… C’era una volta, sul Cuore di Michele Serra, una rubrica che riportava notizie assolutamente superflue. Era intitolata E chi se ne frega. Urge il ripristino…