Corriere della Sera - Sette

Il dovere di parlare del mondo E il ricordo di una collega speciale

Cercherò di convincerv­i che i grandi giornali devono trovare il coraggio di affrontare argomenti difficili e impopolari. E vorrei raccontarv­i quant’era brava una giornalist­a che non c’è più

- Www.corriere.it/italians 7

PERCHÉ UNA COPERTINA SULLA SIRIA,

invece di auguri, oroscopi e sorrisi? Perché è giusto. Non è soltanto una questione di umanità. È una questione di conoscenza. I giornali devono aiutare a capire vicende che hanno avuto, hanno e avranno effetti sulle nostre vite. Anche quando sono vicende complesse, al punto da apparire irrisolvib­ili. Cosa accadrà dopo l’annuncio del ritiro delle forze americane da parte di Donald Trump? Quale il destino dei curdi? Cosa faranno la Turchia, l’Iran, la Russia? Come reagirà Israele? L’Unione Europea riuscirà ad andare oltre i generici auspici?

QUALCUNO PENSERÀ:

“La Siria è distante, non mi riguarda”. Sette parole, due errori. La Siria è vicina: Damasco dista da Roma 2.280 km, tre ore di volo. È affacciata sul Mediterran­eo ed era considerat­o il Paese arabo più accoglient­e, uno dei più affascinan­ti. “Un enorme museo con testimonia­nze di venti tappe della civilizzaz­ione”, recita la Guida Blu del Touring Club Italiano, edizione 2009. La tragedia siriana – la guerra civile iniziata nel 2011 come rivolta contro il regime brutale di Assad – ha già avuto conseguenz­e: i rifugiati, tra cui molti cristiani, si accalcano a milioni nei Paesi vicini (Libano, Giordania, Turchia), e sono arrivati in Europa. In Germania hanno spostato gli equilibri politici e segnato l’uscita di scena di Angela Merkel. Altri Stati europei sono col fiato sospeso: i siriani vengono da un Paese in guerra, e hanno diritto all’asilo politico.

Qui sopra, Anna Maria Speroni durante le sue “48 ore in autobus”, nel novembre 2017 (disegno di Giovanni Angeli). Nella foto con il “numero zero” di (dicembre 2016) è la prima a destra

UN GRANDE GIORNALE

può e deve spiegare queste cose. Ha le risorse per farlo. Alcuni di noi, al Corriere, conoscono la regione: Davide Frattini, Lorenzo Cremonesi, Antonio Ferrari, Franco Venturini e altri. Per questa storia di copertina (pagg. 16-27) abbiamo chiesto aiuto a Marta Serafini, che spiega la situazione sul campo; e a Viviana Mazza, che ha incontrato Hwaida Saad, una libanese che, usando i social e il web, ha documentat­o il dramma umano in Siria. L’abbiamo conosciuta, quando è passata da Milano. Si è fermata nella redazione di 7 e ci ha spiegato come lavora. Leggete tutto: ci vuole poco, e capirete molto. Il mondo non si ferma a Lampedusa e al Brennero. Neppure nella nuova, personalis­sima geografia di Matteo Salvini.

VOGLIO SALUTARE QUI,

insieme a tutta la redazione, Anna Maria Speroni, scomparsa il 31 dicembre. Il settimanal­e che state leggendo le deve molto. Quando, alla fine del 2016, mi è stato chiesto di provare a inventare un nuovo 7, ho chiesto aiuto a cinque persone in gamba per confeziona­re il cosiddetto “numero zero”. Avevo bisogno, tra l’altro, di qualcuno con una solida esperienza nei periodici e, come un dono, è arrivata Anna Maria, distaccata da Io Donna, dove l’avevo conosciuta nel 1996, all’inizio di quell’avventura. Ha messo ordine tra le mie fantasie, e ha aiutato tutti: un’organizzat­rice nata, con un sorriso luminoso e una penna brillante. Quando il nuovo 7 è partito, le ho chiesto di restare ancora un po’ con noi, e ha accettato.

ERA BELLO VEDERLA LAVORARE.

Ms Spurs – ogni tanto la chiamavo così – non sollevava problemi, offriva soluzioni; non si lamentava, semmai protestava (e di solito aveva ragione); non era sospettosa delle colleghe più giovani, le incoraggia­va. Ha scritto, ha intervista­to, ha viaggiato (quelle sue 48 ore in pullman su e giù per l’Italia!). Ha vinto, con noi, il premio per “La copertina dell’anno”. Poi è tornata a casa, a Io Donna; ma ci è sempre rimasta vicina. L’ultimo suo messaggio mi è arrivato il 21 dicembre. Se n’è andata alla fine dell’anno, in un periodo di vacanza, come se non volesse disturbare. Era fatta così, Anna Maria, splendida profession­ista: aveva un’idea sacrale del giornalism­o. Avrebbe dovuto conoscerla, chi pensa che valiamo poco e non serviamo a niente.

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