«Parlo con qualcuno, e il giorno dopo non c’è più»
Incontro con la reporter libanese del che, attraverso una rete di contatti costruiti su Skype e WhatsApp, ha raccontato il conflitto in Siria nonostante i limiti imposti dal governo e i pericoli enormi nelle zone controllate dagli estremisti: «Ho rischiato di fare la fine del giornalista saudita ucciso»
«MOLTI SOSTENGONO
che la situazione in Siria stia migliorando, che stia diventando normale. Ma quale normalità? Non riesco a vedere niente che sia normale. E non è finita».
Hwaida Saad lavora dal 2008 per il New York Times .Lo scorso novembre è stata a Milano, ospite di Racconti di Guerra, il festival dedicato alla giornalista del Corriere della sera Maria Grazia Cutuli, uccisa in Afghanistan. Sul palco ha raccontato la sua storia, che negli ultimi otto anni ha coinciso con la storia della guerra civile Siria. Libanese, Hwaida non aveva una formazione giornalistica quando è stata assunta dalla redazione di Beirut del quotidiano newyorchese. Aveva fatto lavori diversi, incluso quello di segretaria di un’azienda di ricambi d’auto. Ma ha un incrollabile entusiasmo, una risata contagiosa e un’abilità speciale nel creare legami, anche a distanza, con le persone. Qualità che si rivelarono essenziali nel 2011, quando scoppiarono le proteste contro il regime in Siria. libri:
(con altre giornaliste arabe), in uscita ad agosto per Penguin Press