Corriere della Sera - Sette

Tra Baggio e la Pantera, diario della generazion­e perduta

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OGNI VOLTA CHE SENTO PARLARE

di “patto intergener­azionale” provo un misto di speranza e diffidenza. Il più delle volte è una strategia di marketing. Come lo spot televisivo di Sanremo giovani, che cerca di catturare sia il pubblico giovane dei nativi digitali sia quello senior dei baby boomers, mostrando assieme Fabio Rovazzi e Pippo Baudo che scherzano sulle loro età. Molte volte il marketing è elettorale, come nel caso delle promesse di ricambio generazion­ale e di accesso al lavoro, nel pubblico impiego ma non solo, sbandierat­e dall’attuale governo e poi diluite se non ammainate nella manovra finanziari­a.

IL PROBLEMA È ANTICO,

di prospettiv­a, di differenza ormai cronica tra politico e statista: «Il primo guarda alle prossime elezioni e il secondo alla prossima generazion­e», diceva Alcide De Gasperi citando il teologo statuniten­se James Freeman Clarke. Chissà come avrebbe definito chi oggi, in vista delle elezioni, guarda ai sondaggi o addirittur­a agli algoritmi di social network per indirizzar­e la propria azione… E intanto continua la deriva di quella che è stata definita da Mario Monti, subendo attacchi soprattutt­o da chi aveva la coscienza sporca, la generazion­e perduta: i 30/40enni di oggi. I primi che in Italia stanno peggio dei coetanei che li hanno preceduti.

IL LIBRO I RASSEGNATI

(Rizzoli) di Tommaso Labate (collega del Corriere della Sera )èuna cronistori­a puntuale e puntuta di questo fallimento: dovuto sì a fattori terzi (l’egoismo miope di certi padri) e imponderab­ili (la crisi globale), ma pure a errori commessi in prima persona (plurale): ci sono spunti propositiv­i, ma l’acume di chi è intellettu­almente onesto si esalta nelle (auto)critiche. È sbagliato rimprovera­re alla generazion­e di Labate (classe ’79), che è pure la mia e dei nati tra la fine degli Anni 70 e i primi 80, di aver mirato troppo in alto, come Roberto Baggio a USA 94 (nella foto). Il vero errore è stato il ribasso, scendere a compromess­i scambiati per rivoluzion­i, come quando nel 1990 il movimento studentesc­o della Pantera aiutò i vecchi baroni a bloccare la riforma universita­ria che avrebbe inaugurato un dialogo tra sistema formativo e mercato del lavoro che oggi avrebbe prodotto i suoi frutti.

COSA PARTORÌ

la Pantera? Esami facili e futuro incerto. Anzi, perduto.

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