Corriere della Sera - Sette

In classe tolgo i crocifissi

(e introduco l’ora di poesia)

- Di denari Utopie fedelmente trascritte da Irene Soave

GOVERNARE: DEVO PROPRIO?

Sandro Dazieri, detto Sandrone, (Cremona, 1964) ha scritto 17 romanzi, spesso noir e thriller. Il più recente, appena uscito, è Il re (Mondadori, 502 pagine, 19,50 euro). È sceneggiat­ore di Squadra Antimafia

Ame non è che il potere piaccia poi tanto. Se devo stare sul trono, che sia a termine: metto a posto un paio di cosette e poi torno suddito. Primo: la religione. Non è vietata come nei soviet, ma è trattata come una leggera malattia mentale. Cioè va curata, e gestita, in privato. Niente spazi pubblici, velo in strada, crocifisso a scuola... la società è laica. L’individuo veda un po’ come crede. Idem dicasi per la droga: vuoi farti di eroina e rischiare l’overdose? Vai, fai pure. Lo so, lo Stato spende dei soldi per curarti; ma lo stesso si può dire di un cretino che si faccia del male infilando la lingua nella presa elettrica. La sanità pubblica mica è un privilegio di chi non è stupido. L’Africa sarebbe il continente più avanzato, perché restituiam­o loro tutte le ricchezze di cui nei secoli li abbiamo depredati, dall’oro al coltan, dal petrolio ai diamanti. Nel mio regno, la Sandronia, la pensione si prende durante l’adolescenz­a e la giovinezza: per diventare quello che si vuole e sviluppare i propri talenti senza vincoli di famiglia, aspettativ­e genitorial­i, costrizion­i della famiglia di origine. E poi io credo che anche solo esistendo, anche solo ascoltando la radio, in questa società, uno produca ricchezza. Quindi

sono favorevole a un reddito per tutti i cittadini, che restituisc­a loro una parte di questo plusvalore che mettono in circolo.

I sudditi della Sandronia leggono tantissimo, e non in virtù di sciocche campagne da pubblicità progresso in cui si dice «io leggo perché è bello», ma perché hanno bazzicato i libri con piacere sin da piccini. A scuola si legge molto, per un’ora a settimana anche poesie, e i professori insegnano a comporle. Perché la poesia ti costringe a ragionare su quel che dici, ed è mica poco.

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