“Macco” di fave e primi di pesce per tornare adolescenti
FORSE È PROPRIO VERO:
«La felicità non è una meta da raggiungere ma una casa a cui tornare». E spesso per tornare a casa basta un lampo di sapori che ti porta indietro nel tempo. È quello che prova un siciliano attraversando il patio di mandarini che conduce a una vecchia villa padronale di San Giovanni La Punta, alle pendici dell’Etna. Siamo nel “Giardino di Bacco”, dove la cucina è contaminazione tra terra e mare. Dalla primissima intuizione di accoppiare il “macco” di fave nei primi di pesce. Ma il “macco” è una grandiosa ouverture anche in solitaria. A ogni cucchiaiata sono dieci anni in meno, fino a regredire allo stato adolescenziale. Effetto analogo con l’antipasto di “ciocco”, pianta selvatica delle terre forti e argillose della Piana di Catania di cui si fatica a trovare il corrispettivo nome scientifico.
Per i non siciliani la cena è invece un viaggio lungo uno spicchio di Sicilia attorno all’Etna. Il titolare,
Salvo Trischitta, non è uno chef stellato, ma un anfitrione che ti guida alla scoperta di sapori accomunati dal forte legame col territorio.
Dalla tavolozza di crudi con gambero rosso, neonato, tonno marinato e una pennellata di pesce azzurro al naturale in acqua di mare decontaminata. Un classico come la pasta alla catanese con alici e pangrattato è rivisitata con spatola, mandorle e un geniale retrogusto di scorza di limone, mentre la stigghiola, regina dello street food, qui è declinata col pesce e un ripieno di verdure selvatiche.
IL TUTTO ACCOMPAGNATO
da un Etna bianco che si porta dentro tutta la sapidità della terra lavica. Per poi chiudere con i dolci che sono un campionario di eccellenze del territorio: dal gelato al pistacchio di Bronte o alle nocciole di Castell’Umberto, fino ai cannoli con le cialde di mandorle e miele di Canicattì.