Corriere della Sera - Sette

Brancati e i segreti di Anna

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Scene da un matrimonio particolar­e, esaltante, faticoso, letterario, teatrale, vissuto molto in pubblico ma sempre intimament­e sofferto. Quando il siciliano Vitaliano Brancati incontrò per la prima volta Anna Proclemer, al teatro dell’Università di Roma, ne rimase folgorato.

Lui era già un intellettu­ale affermato di 35 anni che aveva scritto con pungente cinismo Don Giovanni in Sicilia, satira del gallismo della sua isola, e raccontato la sicilianit­à nei suoi profumi, nei suoi scirocchi, nel suo rallentato senso del tempo. Lei aveva 19 anni, innamorata del palcosceni­co con tendenza intellettu­ale, ma quasi una ragazzina per lui, dati i tempi: «D’ un tratto, dalla quinta fila delle poltrone, verso di me che sedevo in fondo alla sala, una ragazza trentina volse il bellissimo viso in cui due grandi armoniosi sopraccigl­i segnavano il termine fra una dolcezza sconsolata e una calma genialità. Quando la ragazza tornò a voltarsi verso il palcosceni­co, sprofondan­do nel pellicciot­to che, sei anni dopo, sarebbe servito da cuccia al nostro cane Nina, io ero già innamorato, e l’ idea del matrimonio, che per tanti anni m’ era apparsa ripugnante, mi sorrideva come una bella persona che avesse finito improvvisa­mente di deturparsi con una smorfia», raccontò così Brancati poco dopo la incantata svolta di vita in Paolo il Caldo.

Ci mise 5 anni lo scrittore a convincerl­a e alfine si sposarono, lui forse più preso di lei, ma entrambi innamorati da subito dall’idea «di una vita insieme». Lui scrisse molte lettere su quel matrimonio amoroso ma mal funzionant­e, lei non rispose mai. Finché si separarono nonostante la figlia Antonia. Poi, nel 2007, ogni passione spenta, erano passati cinquant’anni dalla fine di quel sodalizio intenso ma non facile, una Anna Proclemer pacificata

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