BIPOLARI?
L’altalena tra un sentimento euforico e uno avvilente sembra aver contagiato ogni fascia della società. Nel 2005 una neuroscienziata ha studiato prima le biografie di autori del passato, poi la mente di intellettuali contemporanei. Risultato? C’erano
tracce dello stesso disturbo in molti di loro. Non sbagliava. Parola di scrittore
Stiamo diventando tutti bipolari? “No!” diranno subito i miei lettori. Per poi ridacchiare tra le lacrime. Un tempo si diceva: «Siamo tutti depressi». Oggi che maneggiamo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali come se fosse una lettura da spiaggia, un gialletto o un rotocalco, tendiamo a immaginarci tutti come maniaci-depressivi. Facciamo bene? L’altalena tra un sentimento euforico e uno avvilente ha contagiato ogni fascia della società? Il pendolo emotivo è diventato mainstream?
Mi sono occupato di disturbi legati ai libri nel Piccolo dizionario delle malattie letterarie, che scientifiche non sono e hanno anzi origine da una certa tendenza ad ammalarsi di mode e pose. Una guida alle patologie originate dalla poetica e dalle idee dei più grandi scrittori della storia. Vi si parlava, ad esempio, della “sindrome di Salinger” («terribile squilibrio che spinge il paziente a isolarsi, sebbene nessuno lo stia cercando») o della “dostoevskijte” («infezione al mesencefalo che può spingere all’epilessia, all’omicidio o a sfornare un capolavoro dietro l’altro»). Nella storia della letteratura, il blando bipolarismo pare inevitabile. Mozart non era certo un tipo equilibrato. La raccolta delle lettere di Charles Baudelaire, chissà perché, s’intitola Il vulcano malato. Virginia Woolf doveva avere sbalzi mica da ridere. Sono famose le sfuriate di Jackson Pollock. Hemingway amava passare dalle emozioni forti della corrida all’angolo oscuro di un bar dove sprofondare verso il nulla. Charles Bukowski faceva dipendere la sua inclinazione quotidiana dalle corse dei cavalli, con l’ippodromo come rappresentazione perfetta dell’ottovolante emotivo: un momento prima il tuo cavallo è lanciato e sei ricco, un attimo dopo scivola nelle retrovie e torni il pezzente di sempre.
La ricerca
Ma queste sono tutte illazioni. Nel 2005, invece, una neuroscienziata di nome Nancy Andreasen ha condotto un’indagine seria per rintracciare disturbi nelle persone particolarmente talentuose. Dapprima ha cercato tracce di bipolarismo nel passato, ossia nei diari di Sylvia Plath, nelle lettere di Van Gogh e negli appunti del tormentatissimo Tolstoj. Ma non è facile delineare diagnosi psichiche a posteriori nella storia della letteratura e dell’arte. Instabili di sicuro lo erano un po’ tutti, ma è facile proiettare un’interpretazione forzata sulle testimonianze indirette. Allora la Andrea