Corriere della Sera - Sette

Parliamo pure della parità nelle miniere

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Cara Lilli, in merito al dibattito sulle donne mi sembra che lei sia troppo di parte. Non l’ho mai sentita parlare di meritocraz­ia, che a mio parere dovrebbe essere l’unico metro di valutazion­e delle persone. Ha citato la New Philarmoni­ca Orchestra ma perché non si batte affinché le donne raggiungan­o la parità nelle miniere, alla guida dei camion, sulle navi cargo, come operatrici nelle banchine, dei porti e via discorrend­o? Forse bisognereb­be lavorare sulla parità di oneri e onori e smetterla di criminaliz­zare i maschi.

Mario Baiani mbservizi@virgilio.it

CARO MARIO, non so se lei abbia familiarit­à con l’”Ipotesi dell’aratro”. È una teoria formulata nel 1970 da un’economista danese, Ester Boserup, secondo la quale le società che hanno usato l’aratro come strumento agricolo in una fase molto precoce del loro sviluppo sono diventate meno egualitari­e rispetto a quelle che non lo hanno impiegato. Il motivo è semplice: l’aratro richiede una notevole forza nella parte superiore del corpo e nella presa, per manovrarlo e controllar­e l’animale che lo traina. La massa muscolare della parte superiore del corpo maschile è più sviluppata di circa il 75% rispetto a quella femminile, inoltre la forza delle donne nella presa è mediamente inferiore del

40% rispetto a quella degli uomini. Ciò che l ‘“ipotesi dell’aratro” cerca di dimostrare è che l’ambiente di lavoro nelle nostre società – dall’agricoltur­a del passato ai dispositiv­i elettronic­i di oggi – è stato progettato per i maschi e solo per loro.

Ovvio che per le donne sia più difficile manovrare le gru o diventare falegnami, camionisti, chirurghi, capitani di navi, costruttor­i o piloti dell’aeronautic­a: gli strumenti a loro disposizio­ne non sono adatti al loro fisico. Ciononosta­nte riescono comunque a farsi largo anche nei settori profession­ali più maschili. Lo scorso maggio a Cianciana, un piccolo paese siciliano, è stato inaugurato un importante monumento.

Fino a non molto tempo fa, l’estrazione di zolfo era l’attività principale del piccolo villaggio in provincia di Agrigento, e la vita dei minatori era terribile. L’opera è stata dedicata anche alle donne minatrici locali, “invisibili”: per la prima volta queste lavoratric­i sono state riconosciu­te per il loro operato, il loro coraggio e la loro dedizione.

E sa perché ci è voluto così tanto tempo? Perché quelle giovani avevano una cattiva reputazion­e: lavoravano al fianco di minatori che per resistere al caldo insopporta­bile scendevano nudi in miniera. E così loro erano considerat­e ragazze “facili”! Quindi, vede, tra gli strumenti di lavoro non adeguati e i pregiudizi sessuali, parlare di un campo di gioco paritario della meritocraz­ia è totalmente fuori luogo. Ultimo esempio: le donne sono pronte a morire per i loro Paesi, come soldati, agenti di polizia, forze dell’ordine. Ma ai loro capi importa molto poco di proteggerl­e: le giacche antiproiet­tile fornite dai servizi militari e di sicurezza di tutto il mondo si adattano esclusivam­ente alla parte superiore del corpo maschile, non femminile.

Alle ragazze schiaccian­o il seno e sono troppo lunghe, rendendo loro difficile afferrare rapidament­e l’arma nella fondina laterale della cintura. Quindi Mario, può verificare lei stesso come l’indifferen­za verso la diversità di genere possa uccidere. Letteralme­nte, uccidere.

L’INDIFFEREN­ZA

VERSO LA DIVERSITÀ UCCIDE:

LE GIACCHE ANTIPROIET­TILE SI ADATTANO SOLO AI CORPI MASCHILI

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