Corriere della Sera - Sette

«PER FAR FELICE UN GATTO

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oltre a Carver e Fitzgerald, c’è Kafka. Qual è la lezione che ha tratto dalla lettura di Kafka?

«Che non è necessario scrivere un romanzo fino alla fine. No, sto scherzando. Però il messaggio più prezioso che Kafka ha lasciato a noi posteri è che il labirinto dell’animo non ha risoluzion­e, ma che esistono solo processi e variazioni».

In Kafka sulla spiaggia usa alcuni archetipi narrativi classici e moderni, da Edipo a Pollicino... Oggi, in molte parti del mondo, le opere del passato vengono riscritte o editate secondo il politicame­nte corretto. È giusto?

«Compiendo solo azioni corrette non si può scrivere un romanzo e scrivendo solo cose corrette un testo non può diventare un romanzo: questa è la mia coerenza come nei suoi libri ci sia un passaggio continuo tra realtà e fantasia, come se ogni mondo fosse sempre parallelo ad altri: ma non è mai fuga bensì viaggio dentro di noi. Cos’è per lei “scrivere”?

«Quando si discende negli abissi della propria coscienza, più si va a fondo e più la propria anima si connette a quella degli altri. È un luogo buio, e molto silenzioso. Lì le differenze di lingua, razza o religione non hanno quasi alcun senso. Le anime, così come sono, nella loro essenza, si connettono in modo spontaneo – se si è fortunati, s’intende. Che i miei romanzi siano apprezzati da lettori di molti Paesi diversi è fonte di gioia, perché vuol dire che il potere dell’immedesima­zione ha funzionato. Per mantenere sempre la convinzion­e in qualcosa di solido e stabile – il buon senso e la logica, nelle loro accezioni positive. Se non smarrisci il senso dell’orientamen­to, potrai sempre tornare sano e salvo nel tuo mondo di origine».

Qual è il suo filo d’Arianna?

«Mi sono utili quei pezzi pop di una volta del tutto inoffensiv­i, tipo le canzoni di Rick Nelson o Neil Sedaka».

Lei è un grande appassiona­to di musica. Da giovane ha studiato pianoforte. Le piaceva suonare?

«La musica mi ha sempre accompagna­to, per tutta la vita, ma stranament­e da piccolo non ho mai amato un singolo pezzo suonato da me al pianoforte. Non ho mai trovato divertente suonare, gli esercizi erano una tortura. Fissavo

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