Corriere della Sera - Sette

VA CHIAMATO COME UN PESCE»

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quando mi è stato chiesto di dare un nome a un gatto».

Ci dia qualche consiglio d’autore per scegliere il nome giusto da dare ai gatti.

«Spesso do ai gatti dei nomi di pesci. I gatti adorano il pesce e saranno contenti di essere chiamati così, no? Per esempio “riccio di mare”, oppure “sgombro”. (virgoletta­to in italiano in originale, N.d.T.)».

C’è secondo lei qualche differenza sostanzial­e tra gli amanti dei gatti e gli amanti dei cani?

«Io sono un amante dei gatti, ma in una certa misura posso capire cosa prova un cinofilo, l’amore per i cani non ha nulla di inspiegabi­le. Però forse faccio un po’ fatica a comprender­e chi dice di adorare certi avvoltoi o i pitonidi». Alla sua passione per la corsa ha dedicato un libro che è nel cuore di qualsiasi persona che fa jogging, L’arte di correre. Quale altra attività fisica le piace?

«Amo nuotare e trovo che sia la cosa più bella dopo volare nel cielo, anche se di fatto non ho mai volato e non posso fare paragoni precisi».

Lei è cresciuto a Kobe, città che è stata funestata da un violento terremoto nel 1995, dolore che attraversa Tutti i figli di Dio danzano. Qual è il ricordo oggi più vivo che lei ha di quella città?

«Le librerie dell’usato di Kobe pullulavan­o di tascabili in inglese, perché i marinai stranieri vi vendevano i libri che avevano letto durante la navigazion­e. I prezzi erano molto bassi: quando facevo un ufficio e un appartamen­to e faccio avanti e indietro circa una volta alla settimana, in macchina. In auto ascolto principalm­ente rock ‘n’ roll. La cosa triste è che viaggiando molto non posso permetterm­i di tenere un gatto».

Da che cosa si sente minacciato oggi?

«Dal fatto che esistano fin troppe persone che non vogliono imparare dalla storia del passato». Con la fine delle ideologie e dei grandi racconti politici del Novecento si è creato un grande vuoto, che per ora non è stato riempito da altri grandi racconti, ma da surrogati culturali, soprattutt­o fiction, narrazioni dove si confondono i piani del reale. Non siamo a rischio overdose di fiction?

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