Altro che dimissioni La scalata del signor G.
I georgiani all’opposizione chiedevano da giugno le sue dimissioni da ministro dell’Interno, e ora se lo ritrovano primo ministro. In Parlamento, a Tbilisi, l’hanno accolto con cartelli “Vattene a casa” e un gran rumoreggiare di vuvuzela: lui ha tirato dritto e ha giurato. Non ci vuole fantasia: Giorgi Gakharia alla guida del governo dell’ex repubblica sovietica è un sonoro schiaffo nei confronti di chi ha paura che il Paese (nonostante aspiri a entrare nell’Ue) alla fine ritorni sotto l’influenza della Russia. Non a caso, la tensione è salita alle stelle in avvio d’estate con la gente scesa in piazza quando un deputato di Mosca arrivato in delegazione s’è seduto sulla poltrona della presidenza del Parlamento e si è rivolto alla platea parlando in russo. Il fatto è che le ferite della “Guerra dei cinque giorni” del 2008 (850 vittime, centomila rifugiati e il 20% del territorio georgiano nell’influenza del Cremlino) rimangono aperte. La polizia di Gakharia, poi, ha usato il pugno duro: centinaia i feriti e gli arresti. Alla fine s’è dimesso il premier, ma la coalizione Sogno Georgiano ha indicato proprio Gakharia come nuovo capo: 44 anni, una laurea in scienze politiche a Mosca, manager di aziende private prima di diventare in sequenza ministro dell’Economia e dell’Interno/vicepremier. Le prossime elezioni generali sono previste per ottobre 2020. Ma, con il clima polarizzato che s’è creato, è tutto da vedere quale sogno georgiano Gakharia possa realizzare per allora.