Al premier Modi non basta una toilette per ogni indiano
A Narendra Modi era sembrata senza dubbio un’investitura: la Fondazione di Melinda e Bill Gates, la più ricca del mondo, che lo insigniva del premio “Goalkeepers 2019”, con serata di gala e – con l’occasione – abbraccio pubblico negli Usa con Trump per ribadire la sintonia fra le due potenze. Merito è della campagna “Clean India” (India pulita) con cui il leader del partito nazionalista hindu (diventato premier la prima volta nel 2014) aveva promesso di costruire una toilette in ogni casa: nell’India rurale, i wc a cielo aperto creano un enorme problema igienico, tra malattie e infezioni. Il riconoscimento ha suggellato un anno trionfale: a maggio, Modi è stato rieletto col 37% dei voti, col concorrente Rahul Gandhi fermo al 19%. Ma appena il premio è stato annunciato, è partita la protesta: centomila firmatari ne hanno chiesto la revoca, con in testa tre premi Nobel, fra cui l’iraniana Shirin Ebadi. La contestazione, però, non è sul raggiungimento dell’obiettivo. Modi non ha mantenuto impegni elettorali come l’aumento dell’occupazione, ben lontano, e ad avere una toilette non è il 90% sbandierato (lo svela la Bbc): comunque il wc ce l’hanno molti di più del 40% dell’inizio. «Sotto la sua leadership l’India è precipitata in un caos che ha minato diritti umani e democrazia», hanno scritto i contestatori, pensando in particolare agli attacchi alle minoranze. Il premio a Modi è stato consegnato, per l’investitura morale se ne riparlerà.