VEDERE CIÒ CHE GLI ALTRI NON VEDONO. VEDERE E NON RIUSCIRE A DIMENTICARLO. VEDERE E IMPROVVISAMENTE CAPIRE CHE IL NOSTRO COMPITO È AIUTARE GLI ALTRI AD APRIRE GLI OCCHI
Fin dalla più tenera età, la sindrome di Asperger porta ad attraversare deserti infuocati, grovigli di emozioni impossibili da decifrare dall’esterno. Il vuoto è cosmico, come la solitudine. I dolori di un bambino normale non sono minimamente avvicinabili a quelli che prova un bambino Asperger. Ma dove la natura toglie, da un’altra parte dona. Il non capire il linguaggio degli uomini viene compensato dal capire con chiarezza assoluta e immediata tutti i linguaggi che umani non sono. Gli animali ci parlano, e noi con loro. Abbiamo dialoghi intensi e sorprendenti con gli alberi e con i fiori. È questa capacità che ci permette di vedere prima degli altri — più degli altri — sofferenze, devastazioni e fragilità sempre più dilaganti di cui la natura ci parla. La madre di Greta racconta del turbamento provato un giorno a scuola da tutta la classe vedendo un filmato sul grande continente di plastica che naviga da anni indisturbato nell’oceano. Nei suoi compagni questo turbamento si era già dissolto nell’ora seguente, incalzato da altri e più allegri argomenti. Solo Greta aveva cominciato a piangere, e aveva continuato a farlo a casa, inconsolabile. Quel mostruoso continente senza vita era ormai diventato per lei un vortice ossessivo. Vedere ciò che gli altri non vedono. Vedere, e non riuscire a dimenticarlo. Vedere e improvvisamente capire che il nostro compito non è altro che quello di aiutare gli altri ad aprire gli occhi.
Da bambina io singhiozzavo per giorni se trovavo un nido distrutto, un gattino morto, un fioparliamo