L’ÉTOILE CHE ORA VIVE IN FATTORIA «IN 8 ANNI HO CAMBIATO LA MIA VITA»
Passo a due statico. Seduti su una panchina del milanese Parco Sempione. Il sole brucia, si riflette sul giallo acceso dell’abito di Sylvie Guillem. Ne illumina la bellezza, ne amplifica le parole mentre indica, con tono severo, gli alberi che ci circondano. «Li abbiamo sfruttati per anni. Solo ora scopriamo essere un mondo straordinario: sempre connessi, dialogano tra loro (il film del 2008 E venne il giorno di Shyamalan sulle piante killer insegna, ndr). Adesso ce ne rendiamo conto e siamo testimoni di morte e sparizione della nostra civiltà».
Il polmone verde milanese a due passi dalla Triennale è congeniale a questa grande artista: l’ecosistema oggi è la sua linfa vitale, come lo è stata la danza prima del ritiro dalle scene nel 2015. Sono come sferzate le frasi di un’artista che ha “ridisegnato la figura della ballerina, sfidando le leggi della fisica”. Recitava così la motivazione del Leone d’oro alla carriera di Biennale Danza, consegnatole nel 2012 a Venezia.
Un riconoscimento con doppia dedica: a Rudolf Nureyev, suo mentore, e all’ambientalista Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd, associazione in difesa dei mari. «Leggendo nel 2011 un suo libro sono rimasta sconvolta: il mare sarebbe morto entro il 2045. La causa? Estinta la fauna ittica a causa della pesca». In quel momento le si accende una scintilla. Vivida come un fouetté