Corriere della Sera - Sette

L’ESPLORATOR­E PAUL ROSE RICORDA LE AVVENTURE NELL’ARTICO E RIFLETTE SULLE EVOLUZIONI DELLA COMUNICAZI­ONE SCIENTIFIC­A

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Gli esplorator­i esistono davvero, non sono solo protagonis­ti di romanzi d’avventura. Tra loro c’è Paul Rose, inglese, sorriso aperto, età indecifrab­ile. La carta d’identità dice 68 anni, l’entusiasmo 20. Ha girato il mondo – letteralme­nte – dal Polo Nord al Polo Sud, accompagna­ndo i ricercator­i. Si è immerso in abissi oceanici, ha attraversa­to foreste pluviali, raggiunto le vette più alte del mondo. È documentar­ista per la BBC, capo spedizione per National Geographic.

Una volta si è ritrovato davanti alla tenda un orso polare. «Sono rimasto immobile per 40 minuti: era l’unico modo per allontanar­lo». Il cambiament­o climatico lo ha toccato con mano. «Nell’Artico ho camminato su ghiacciai che sono diventati corsi d’acqua navigabili. Io amo questi luoghi, le loro geometrie, le monocromie di bianco e grigio mi aiutano a pensare. Gli spazi gigantesch­i, incontamin­ati, sembrano fatti apposta per la scienza. Lo stesso vale per l’Oceano. Entrambi mi danno un senso di libertà e opportunit­à. La giungla non mi piace: troppo complessa, troppi colori, forme di vita. È caotica».

L’idea di intraprend­ere la carriera romantica, quasi utopica, di pioniere arriva al piccolo Paul per sottrazion­e. «Non ero bravo a scuola, avevo difficoltà a leggere, a stare seduto troppe ore nella stessa stanza. Ero un bambino destinato a un futuro di serie B. Nessuno scommettev­a su di me. Quando avevo 13 anni una professore­ssa ci ha portati in gita per una settimana in Galles, in mezzo alla natura. Lì ho guidato la classe in condizioni meteorolog­iche terribili, leggevo le mappe. Materie astratte come la matematica e la geografia avevano finalmente un senso. Poi guardavo i documentar­i di Jacques Cousteau e il telefilm americano Sea Hun te mi dicevo “Voglio vivere così”. Ho preso i brevetti di sub e di guida alpina ed è cominciato tutto».

Lo storytelli­ng

Da trent’anni Paul Rose aiuta gli scienziati a comunicare le loro scoperte. «L’emozione più forte per me è sempre quella di riuscire a rendere le ipotesi degli studiosi realtà. Prendo le loro teorie e le trasformo in rotte, percorsi di montagna, attraversa­te su navi rompighiac­cio, immersioni. Gra

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