Corriere della Sera - Sette

Impariamo ad ascoltare il respiro degli alberi

- Di ANTONIO PRETE

Aprile è il mese più crudele, ma anche ottobre non scherza, sprofondan­do l’estate verso il giorno dei morti. E cosa fanno i morti? Camminano, «lungo le rive / deserte del tempo / Non calpestano ghiaia né erba. / Hanno del mondo solo un’idea, / una nuvola-idea. / Una bolla / è il mondo gonfia di niente / che fluttua piano nell’aria / sotto un cielo di stelle spente». I bravi poeti non ci dicono cosa fare o pensare, ma aiutano ad ascoltarci, farci sentire se siamo vivi o morti. Ecco, se del mondo non abbiamo più che un’idea-nuvola, vuol dire che siamo morti anzitempo, zombie acerbi. Se invece il battito dei nostri pensieri è «prossimo al respiro degli ulivi» c’è ancora speranza di vivere la nostra misera esistenza in quel grandioso e crudele luogo, il mondo, dove Tutto è sempre ora (Einaudi), come titola la nuova raccolta di Antonio Prete (salentino, 1939), fine letterato e poeta, in omaggio a Eliot (dei Quattro quartetti). Il libro di Prete ha il cuore aperto nella campagna senese (oltre alla natìa terra salentina) dove scoperchia zolle, interroga il canto degli uccelli, scarda rami e radici regalandoc­i paesaggi interiori di intensa suggestion­e. Qui, ora, un albero secco è preghiera tradita e l’ultimo lampo del giorno è spento dal freddo brusìo del vento.

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