Corriere della Sera - Sette

«MIO PADRE MORÌ A CARACAS,

- Di

facevano impazzire, un cocomeraio che vendeva una fetta di anguria a venticinqu­e lire e poi un flipper, che era stupendo. Ci volevano cinquanta lire. Ma noi bambini trovammo il sistema, col filo di ferro. Cuccioli di ladri. Un giorno non ce la feci più: comprai la fetta di cocomero e scrissi “venticinqu­e lire”. Una volta presi persino un gelato. Insomma, portai a casa centoventi­cinque lire, con il resoconto. Mio padre fu molto contento. È stata stupenda quell’estate, l’estate del ’58».

Poi arrivò il tuo primo autunno...

«Dopo due o tre anni finisco di essere bambino prodigio. Mogio mogio riprendo la corriera e torno a Monghidoro. Un certo Bruno Taschini, che abitava vicino a Reggio Emilia, viene a sapere che ho smesso di Bellaria c’era la vita, una sala giochi stupenda, c’era movimento. E un caffè concerto. Sopra al quale abitava la nonna della Carrà. Raffaella è nata a Bologna però stava sempre a Bellaria, era bellissima. Noi la guardavamo da lontano, ma lei non ci vedeva neanche. In quel caffè concerto cantavamo Una fetta di limone , te la ricordi? Una sera venne il famoso Paolo Lionetti, arbitro di pugilato, padrone della sala Cristallo dove c’erano flipper, ping pong, biliardo. Mi vede, mi sente cantare questa cosa. Rimane colpito e mi dice: “Potresti fare il pugile”, perché avevo delle manone enormi. Gli rispondo che non ci pensavo neanche, di prendere o dare pugni. Lui era un tipo: commercian­te di olio per automobili, il Sinclair Oil, aveva una cinquantin­a di jukebox sparsi nei vari bar della di Giorgio Gaber, Il cane di stoffa Pino Donaggio e Non esiste l’amore di Celentano. Tre generi diversi. Fanno questo provino e mi dicono che mi faranno sapere. Torno a Bologna e nessuno mi chiama. Passa un po’ di tempo e dico: “Lionetti, allora non sa niente?”. Migliacci aveva l’abitudine di andare a sentire i provini. Nel frattempo gli era arrivata una canzone da un emigrante del Belgio, un italiano. Diceva Andavo a cento all’ora per trovar la bimba mia. Solo così, solo l’inizio. La canzone arrivava fino a lì, poi la finirono Migliacci e Cantini. Migliacci raccontava questa storia: i provini venivano registrati sui nastrini della Geloso e lui quel giorno mise il mio nastrino per sentire, ma cadde per terra e gli si attorcigli­ò attorno alla caviglia. Per me è una balla, ma diamola per buona. Allora lui

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