La borraccia che ci redime
In spagnolo borracha era l’otre da vino (borracho significa ubriaco; borrachon, ubriacone, era il soprannome di Dean Martin in Rio Bravo), ma l’origine dell’attuale borraccia è piemontese. Fu inventata a Torino nel 1851 nella bottega di Pietro Guglielminetti; esordì nella Guerra di Crimea, e presto fu commissionata dagli eserciti britannico, francese, russo e argentino. Era di legno, perché il legno conduce poco il calore. Col tempo s’iniziò a usare l’alluminio. Oggi si usano i più svariati materiali: plastica, vetro, acciaio. In Il passo del vento. Sillabario alpino (appena uscito da Mondadori), Mauro Corona dedica una voce alla «borraccia»: una volta se la dimenticò e, nella lunga scarpinata con un amico, non trovò sorgenti o ruscelli per dissetarsi. Morale: senza acqua si rischia di crepare.
A volte anche la necessità diventa moda e, come ha riferito Corinne Corci su Rivista Studio, Wirecutter, il sito di recensioni del New York Times ha classificato le migliori borracce «testando, per cinque anni, circa novanta modelli disponibili negli Stati Uniti. Le caratteristiche per valutarne la sicurezza sono tante: dalla resistenza alla capacità di isolamento termico; dalla semplicità di apertura al diametro del collo, dall’ermeticità alla possibilità di lavarla in lavastoviglie».
Come noi, la borraccia parla (castigat bibendo mores), la borraccia si veste (la moda passa, la sete resta).
A Milano, il Comune sta distribuendo oltre 100.000 borracce ai ragazzi delle elementari. A Brescia oltre 7.500 borracce in alluminio verranno distribuite nelle scuole dell’obbligo e altre 17.000 finiranno agli universitari.
Il problema del Nord Europa con i rifiuti. Gli abitanti che “producono” più immondizia sono proprio lì, sentenzia Eurostat. Soprattutto in Danimarca, per la precisione, dove ogni residente in un anno getta nei cassonetti
781 kg. Per il secondo posto basterebbe guardare di fronte, alla Norvegia, con 748 chili pro capite. Sorprendono pure gli svizzeri che con 706 kg di rifiuti a persona si guadagnano la medaglia di bronzo. Al quarto gradino ci sono gli islandesi (656 kg). Quasi un testa a testa tra ciprioti e tedeschi che hanno chiuso l’anno rispettivamente con 637 e 633 chili. Altra lotta – all’ultimo sacchetto – tra Lussemburgo e Malta, dove gli abitanti hanno prodotto
607 e 604 kg. Austria (570) e Francia (514) chiudono la top ten continentale. In media ogni europeo ha prodotto 486 chili, il 7% in meno del 2002 (quando erano 525), un dato di poco inferiore a quello italiano (489).