ALLE SCIOCCHE PROVOCAZIONI
Vediamo: chi ha interesse a diffondere una sciocchezza pronunciata da un personaggio politico? Non parliamo di notizie false. Parliamo proprio di sciocchezze, stupidaggini, proposte o affermazioni sballate. Che so: dire che «la TAV ci costa 20 miliardi di euro» (in effetti, sono meno di 5). O - per citare l’esempio scelto e smontato da Davide Casati - la leggenda secondo cui «ogni immigrato prende 35 euro al giorno dallo Stato».
Dunque: chi ha interesse a diffondere queste sciocchezze?
Risposta A: il personaggio politico in questione, perché certe frasi e certi numeri colpiscono la fantasia degli elettori. Certo, qualcuno leggerà anche le smentite: ma si tratta di una minoranza.
Risposta B: i media. La televisione e la radio, perché la sciocchezza aumenta gli ascolti. Ma anche gli altri organi di informazione: giornali compresi. Cito ancora Casati: «Gli incentivi economici a produrre articoli divisivi sono incardinati nella struttura stessa del mercato pubblicitario digitale». Traduzione: più clic, più visualizzazioni, più incassi.
Risposta C: i commentatori, categoria cui appartengo. Occuparsi della sciocchezza del giorno ci illude di essere sul pezzo, e ci assicura un po’ di attenzione.
Quando a Londra ci siamo trovati, a fine giugno, per discutere della ricerca condotta dal Corriere, insieme alla London School of Economics e all’Università Ca’ Foscari di Venezia, siamo andati subito a finire qui. Erano presenti altri colleghi, soprattutto britannici e americani. UK e USA - in attesa di Brexit e durante la presidenza Trump - sono infatti diventati tra i più grandi produttori mondiali di sciocchezze. Tutti insieme, ci chiedevamo: che si fa? Si riportano