LEGGERE LE DITA
Il rapporto tra la lunghezza di indice e anulare ha, secondo alcuni ricercatori, un valore scientifico: 1.400 studi hanno messo in relazione il con
tratti della personalità, malattie, orientamenti sessuali. Ora provate
Vi piacciono gli individui del vostro stesso sesso? Siete destinati al successo? Perderete i capelli? Se volete sapere queste e molte altre cose, mettete via gli oroscopi e prendete un righello. Quindi provate a misurarvi la lunghezza dell’indice e dell’anulare.
La misura va presa appoggiando lo zero sulla piega che si forma sul palmo della mano alla base di ciascun dito. Segnatevi il numero che trovate in corrispondenza delle punte. Risulta più lungo il secondo o il quarto dito? Di solito a vincere il confronto negli uomini, anche se di poco, è il dito in cui viene infilata la fede. Tra le donne invece sono abbastanza numerose anche quelle in cui è più lungo il dito usato per indicare. Adesso aprite la funzione calcolatrice del vostro smartphone e dividete una misura per l’altra. Il rapporto si chiama “digit ratio” e viene indicato con l’operazione 2D:4D. In uno studio online su 240.000 persone sponsorizzato dalla Bbc, è risultato essere mediamente pari a 0,984 nei maschi e 0,994 per le femmine, con qualche oscillazione per i diversi gruppi etnici. Comunque non preoccupatevi: ci si mette più a dirlo che a farlo, e il bello è che, con questo numero a disposizione e un accesso a Google, potrete avventurarvi in una selva di previsioni sugli aspetti più intimi della vostra esistenza. Vedrete il vostro girovita allargarsi inesorabilmente? Rischiate di diventare dipendenti dall’alcol? Siete portati ad assumere posizioni di comando?
Come approccio è decisamente più scientifico della chiromanzia, la vecchia arte di leggere il futuro interpretando le linee sul palmo della mano. Ma quanto è scientifico? Secondo una scuola di pensiero il digit ratio è un indicatore dell’ambiente ormonale in cui ci siamo sviluppati quando eravamo ancora dei feti. Insomma basterebbe avere un metro o un calibro, e volendo anche una fotocopiatrice o uno scanner su cui appoggiare le mani, per aprire uno scorcio su quell’ambiente inaccessibile che è il grembo materno e capire a quanto testosterone siamo stati esposti nella fase più precoce della nostra vita, quando cervello e corpo prendevano forma.
Nuove relazioni
In poco più di venti anni nella letteratura scientifica si sono accumulati oltre 1.400 studi che hanno messo in relazione la lunghezza delle dita con abilità, tratti della personalità, gusti sessuali e rischio di sviluppare gravi malattie come problemi cardiaci, cancro e sclerosi laterale amiotrofica. Ma sono molti i ricercatori che restano scettici sull’intera impresa, ed è soprattutto a loro che ha deciso di dare voce Science nel numero del 7 giugno, in un articolo che fotografa lo stato del dibattito. Volendo riassumerne il senso in una frase, si potrebbe dire che i dati raccolti finora sono interessanti ma contraddittori. Dunque l’idea che possa esistere un numero così facile da calcolare, e al tempo stesso così profetico, è come minimo semplicistica.
«Mi sembrano ricerche curiose, persino divertenti, ma ben lontane dal poter essere considerate esplicative», ci ha detto Vittorio Lingiardi, che insegna Psicologia dinamica alla Sapienza e si interessa allo studio di identità di genere e orientamento sessuale. In una ricerca svolta negli anni 2000 in California Marc Breedlove della Michigan State University e i suoi colleghi non hanno trovato dati chiari per gli uomini omosessuali, ma il digit ratio è risultato più “mascolino” per le donne che si autodefinivano lesbiche rispetto alle altre. Lo studio della Bbc invece ha evidenziato una correlazione con l’orientamento sessuale degli uomini e non delle donne. Quanto al ruolo del testosterone, Lingiardi è possibilista ma invita a non sovrastimarlo. «Ogni orientamento sessuale è così complesso che nessun fattore può esserne completamente responsabile», ci ha detto. «Tra ambiente, patrimonio genetico ed esperienza esiste un circuito di interdipendenza. Penso che la componente bio