JOJO MOYES
Come si scrive un best-seller? La persona più adatta con cui parlarne è Jojo Moyes, inglese, giornalista dell’Independent per un decennio prima di diventare scrittrice a tempo pieno, ha trovato il successo mondiale con Io prima di te (2013), che l’ha trasformata in fenomeno editoriale. Trenta milioni di copie, tradotte in quaranta Paesi (in Italia Mondadori ha pubblicato tutti i suoi romanzi). Storie d’amore, amicizie femminili, dialoghi agili e spiritosi, già pronti per il cinema. La sua migliore amica è Sophie Kinsella, altra esperta di best-seller. Narrativa di genere? Sì, ammette lei. Che poi precisa come Stephen King, insultato per decenni dai critici come autore di genere, oggi è riverito come un maestro – non si sa mai.
«Come si scrive un best-seller? Basta sfogliare per caso la rivista pubblicata da un museo americano, trovare un articolo su una vicenda assolutamente oscura, restare tanto colpita da una fotografia da pensare, questo è il mio prossimo libro. Insomma la risposta è una sola: non lo sa nessuno, come si fa. Specialmente quelli che lo fanno».
Un suo collega, Ian McEwan, ammette serenamente che qualche anno fa, inviando all’editore un romanzo, aggiunse alla mail anche un messaggio di scuse: pensava che nessuno a parte qualche collega l’avrebbe letto. Ovviamente si trattava di Espiazione, sei milioni di copie.
«Davvero? È un aneddoto meraviglioso. Non credo che gli scrittori siano cattivi critici di sé stessi, sappiamo quando qualcosa funziona e quando non funziona sulla pagina, nella maggior parte dei casi. Ma le vendite no, quelle non può prevederle nessuno».
Il suo nuovo libro, Ti regalo le stelle, è ambientato nel 1937. Una ragazza inglese, Alice, sposa un americano e va a vivere con lui nel Kentucky. Dove collabora a un progetto insolito: una biblioteca mobile, a cavallo, per le persone disagiate che abitano nelle valli più lontane. È una lettera d’amore per i libri, e per il potere della lettura.
«Sa che le bibliotecarie a cavallo della Wpa Packhorse Library non me le sono inventate? Sono esistite davvero, nel Kentucky orientale, regione di miniere di carbone, una delle più desolate e povere degli Stati Uniti, allora come oggi. Mi capitò in mano una copia della rivista Smithsonian, pubblicata dal grande museo di Washington, e vidi una foto: donne fiere, coraggiose, fantastiche. Capii che dovevo scrivere un libro su di loro».
È, anche, un romanzo storico. Come si è documentata?
«Ho visitato la regione per tre volte: è un’area molto remota, si possono leggere documenti ma non c’era alternativa, dovevo vedere con i miei occhi. Ci sono due possibilità in questi casi, inventare
Con Io prima di te ha venduto 30 milioni di copie. Ora l’autrice londinese ci riprova con la storia di una ragazza inglese che negli anni 30 seguì il marito in Kentucky e organizzò una biblioteca mobile. «Vidi la foto di queste donne
fiere, coraggiose, fantastiche. Capii subito che era l’inizio di un romanzo»
le cose di sana pianta o fare un reportage, sostanzialmente una cosa giornalistica. Io, per come sono fatta, ho bisogno di respirare l’aria di un posto, di parlare con le persone che ci vivono prima di poter scrivere. Nel Kentucky vivevo in una piccola casetta di legno, da sola. Niente serratura alla porta. Niente telefono. Niente televisione. Internet? Neanche per sogno. Ho imparato tante cose. Ho ascoltato il modo molto particolare in cui parlano le persone in quella regione, le cadenze, l’accento».
Una sua collega italiana, Silvia Avallone, ha appena scritto su 7 che leggere, oggi, è un atto politico.
«Assolutamente sì, ha ragione. Ho voluto scrivere un libro sul potere della lettura, sul rapporto unico e speciale tra scrittore e lettori. Sono molto molto preoccupata, perché ci sono certi politici, attualmente di grande successo, per i quali la verità non esiste. Ecco, quando ho letto che il presidente Roosevelt era preoccupato già a metà degli anni Trenta della diffusione di quelle che oggi chiameremmo fake news, e per lui il modo mi