Quell’amicizia interrotta che poteva durare tutta la vita
Quest’anno mi sono innamorata di Sheila Heti. Dopo che Maternità, pubblicato a marzo da Sellerio, mi aveva folgorata, ho deciso di recuperare anche La persona ideale, come dovrebbe essere?, uscito nel 2010. Nelle prime pagine, l’autrice dichiara di aver sempre prediletto i rapporti con i maschi a quelli con le femmine.
Mi ha stupito: per me è stato il contrario.
A 13, a 16 anni, benché passassi le giornate a sognare i ragazzi, erano le ragazze a elettrizzarmi. Con loro vivevo in simbiosi, ridevo, litigavo, scoprivo chi ero, da loro mi sentivo accolta o rifiutata, delusa, meravigliata. Più che per i maschi, congegni al tempo tanto misteriosi da restare inaccessibili anche quando ci pomiciavo, era per le amiche che mi struggevo. Consideravo i ragazzi un corollario della complicità fra noi, e desideravo un fidanzato soprattutto per parlarne con le altre, per condividere uno status che ci rendesse simili, solidali, come le sere in cui una decideva di indossare la gonna anziché i jeans in pizzeria e le compagne erano un po’ autorizzate e un po’ obbligate a fare lo stesso. Quando un uomo è riuscito a mettersi tra me e un’amica, allontanandoci (e non perché piacesse a entrambe, anzi), ho capito che l’adolescenza era finita, e mi sono sentita stupida, quasi quel senso di esclusività l’avessi provato io sola. Non si perdona chi ci rivela inadeguati.
A dispetto di quanto dichiara, nel libro del 2010 Heti racconta proprio di un’amicizia femminile: gli uomini stanno sullo sfondo e l’altalena emotiva – la paura di ferire, d’essere abbandonate, la scoperta di sé e del mondo attraverso la relazione – riguarda due donne. La sorpresa è che capiti dopo: dopo l’adolescenza, l’università, i matrimoni falliti, la consapevolezza di cosa si vuol fare da grandi. Forse perché Sheila e Margaux non hanno avuto bisogno di appoggiarsi fin da piccole l’una all’altra per contrastare la violenza del patriarcato, come invece Lila e Lenù de L’amica geniale – ormai un modello. Sono state, almeno apparentemente, libere. Sheila vorrebbe che Margaux la ritenesse un «genio» (il termine torna) e ciò che più conta per entrambe è la realizzazione professionale, così come quel che Lila e Lenù ammirano l’una dell’altra è l’intelligenza, la capacità di acquistare un ruolo sociale, che le faccia addirittura competere con i maschi. Nella tetralogia di Ferrante gli uomini sono sì desiderio o progetto, ma soprattutto sono ostacolo; inquinano il legame tra Lila e Lenù, che però è più forte, e resiste. Rapace, meschino, appassionato come una storia d’amore.
Quel legame, che non si spezza con l’età adulta, anzi dura tutta la vita, mi ha fatto pensare all’amica che non ho perdonato, e per un attimo mi sono sentita meno stupida. Ma anche meno forte. Perché siamo sempre responsabili di ciò che perdiamo.
PIÙ CHE PER I MASCHI, CONGEGNI TANTO MISTERIOSI DA RESTARE INACCESSIBILI, ERA PER LE AMICHE
CHE MI STRUGGEVO