IL MITO DI TROIA RESISTE
Un assedio decennale c’è già stato, con il famoso cavallo con il quale i Greci, merito dell’astuto Ulisse, conquistarono Troia (in realtà oggi una tesi propende per una nave fenicia dalla polena a forma di equino). Ma un secondo, è in agguato, contro il British Museum che inaugurerà la grande mostra Troy: myth and reality (dal 21 novembre all’8 marzo 2020). Un gruppo di attivisti protesta contro l’istituzione per aver scelto la BP (British Petroleum) come main sponsor e lancia una raccolta fondi per costruire un gigantesco cavallo per un’azione dimostrativa il 23/11.
All’origine di quell’antica guerra ci fu il ratto di Paride della bella e ammogliata Elena, il cui senso di colpa l’affligge, ma la cui personalità assume nella descrizione di Omero una più articolata complessità. Uscire dallo stereotipo, esaminando Elena sotto una nuova luce, anche ciò intende fare questa mostra attraverso le fotografie di Eleanor Antin che rielabora questa figura in chiave attuale, con tutte le problematiche legate al mondo femminile.
Il percorso principale è però archeologico con un magnifico dispiego di reperti. Sarcofagi, vasellame (con la prima raffigurazione del famoso cavallo su un pithos), e poi sculture. Il mito percorre i secoli, Biagio D’Antonio nel suo dipinto del 1490/95 traspone Troia in una città rinascimentale; lo scultore Filippo Albacini nel 1825 realizza il sensuale marmo Achille ferito.
Si deve agli scavi del tedesco Heinrich Schliemann (personaggio anch’esso controverso per le sue “spacconate”) a Hissarlik, in Turchia, la riscoperta di Troia tra 1870/1890. Con l’aiuto di 180 operai, procedendo secondo le varie stratificazioni, man mano riaffiorava il sito, il cui primo insediamento risale al 3000 a.C. Tra i tesori preservati dalla distruzione della città nel 2300 a.C, il famosissimo tesoro di Priamo.