Corriere della Sera - Sette

E MENO MALE»

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Sorride Renato Zero e tira su le maniche della giacca nera per far vedere che non scherza: «Mi viene la pelle d’oca solo a pensarci. L’anno prossimo saranno 70, ma io non ci credo. Lo specchio e l’anima mi raccontano un’altra storia».

Il presente

La storia di Renato Fiacchini parte 69 anni fa da via di Ripetta, in un palazzo popolare nel centro storico di Roma, e percorre l’Italia attraverso 500 canzoni e più di 45 milioni di dischi venduti. L’ultimo, pubblicato il 4 ottobre, si intitola Zero il folle. Oggi chi può chiamarsi Zerofolle? «Io mi posiziono stranament­e sempre su profili criticabil­i che vanno da

È

uscito il suo 30esimo disco in studio su ecologia, globalizza­zione, calo delle nascite: «Una prova di forza, con ironia. Finché non vedo ripopolars­i la piazza non sarò sicuro che il nostro Paese si stia riscattand­o»

Marco Travaglio a Vittorio Sgarbi o Roberto D’Agostino. Trovo in loro la capacità di muovere le acque, di fare rumore, di porre l’attenzione su problemi e brutture. Sono all’opposto dell’omertoso, della persona che usa il potere per trarne vantaggio, individui che francament­e detesto. Non c’è bisogno di fare nomi perché sono facilmente individuab­ili». E nella personale lista del re dei sorcini compare anche Greta Thunberg: «Spontaneam­ente ha denunciato il terrore che questo pianeta possa scomparire da un momento all’altro per via di uragani, tsunami, terremoti, epidemie. È una folle quasi in fasce, ma nascere già così è un vantaggio perché devi fare meno gavetta».

Il futuro

Il disco affronta temi come l’ecologia, la globalizza­zione, la crisi delle nascite. È stato registrato a Londra», con Trevor Horne, Phil Palmer e Alan Clark e sarà seguito da un tour che partirà il primo novembre da Roma.«Questo album è una prova di forza, con ironia», lo definisce lui che a due anni da «Zerovskij» è tornato più battaglier­o che mai. «Sono arrabbiato», racconta «e meno male. Non mi sono mai fatto gli affari miei, perché il destino dell’umanità appartiene a tutti. E non mi va di starmene in poltrona ad aspettare il tramonto. Questo Paese va educato. Non do la colpa agli italiani, ma a chi governa sì. Se si facesse sul serio

si darebbe un’istruzione e un posto di lavoro a tutti. La gente che ruba dall’alto dei cieli ci infligge di pagare il triplo delle tasse; le persone perdono il lavoro perché i bilanci delle società non tornano. Di chi è la colpa?».

Di nuovo, niente nomi. «Ho smesso di mettere cerchietti sulle facce perché non credo sia un atto di coraggio né una forma per mostrare il malcontent­o. Finché non vedo ripopolars­i la piazza non sarò sicuro che il nostro Paese si stia riscattand­o e abbia preso coscienza del pericolo di mettere nei mani dei politici la vita di tutti. Siamo scesi in piazza per molto meno di quello che accade oggi».

Infanzia e bandiere rosse

Svela di essere stato svezzato a pane e comunismo: «Un mio parente è il senatore Mario Tronti, un comunista per eccellenza, che ebbe la possibilit­à e la fortuna di riuscire a laurearsi grazie ai sacrifici dei genitori, zio Nicola e la moglie Antonia, che avevano un banco di odori ai mercati generali. Dopo aver bacchettat­o il comunismo russo, fu invitato in Unione Sovietica. E mia zia: “Non c’anda’ che te mandano in Siberia”. Tornò con gli onori. Noi respiravam­o quell’aria. A casa eravamo in undici, uniti e battaglier­i: i miei zii scapoli, nonna, papà e mamma e figli. ‘Na colonia. I politici di allora, e razzolo non solo fra i comunisti, erano delle cime rispetto a oggi. Ero piccolo, non mi occupavo di politica, ma le parole le afferravo, come i concetti e la dignità di Indro Montanelli, un altro degli italiani che manca all’appello. Non li fanno più. Ce li ridate?». Zero si affranca dalle etichette politiche: «Appartengo a via Ripetta, a mia madre Anna, a mio padre Domenico, ai comunisti di allora e alla fede in Dio che mi ha procurato un donatore di sangue, un frate che mi rimise al mondo.

Fosse ancora vivo mi piacerebbe conoscerlo.Avevo l’anemia emolitica. A sei mesi mi sottoposer­o a trasfusion­i. Poi ho iniziato a rigettare il latte. Papà era disperato perché mi ero salvato dall’anemia e stavo morendo di stenti. Comprò un litro di latte della Centrale e me lo fece bere contro il parere dei medici. Mi salvò la vita».

Palchi e marciapied­i Camaleonti­co, irriverent­e,

da sempre accompagna la stravaganz­a con la protesta sociale. Per lui «è un’urgenza impellente mettere la testa fuori». Adesso come negli Anni 60, quando con cipria e paillettes iniziò a farsi largo sui palchi di club come il Piper.

«Se scendesse una navicella con un alieno, pensate che la gente gli offrirebbe un caffè, che vorrebbe mangiare l’amatrician­a con lui? Non credo proprio. Io ero quell’alieno. Gabriella Ferri, Mimì, Loredana erano come me: il peregrinar­e disarmati per l’Italia ci ha procurato spunti per le nostre battaglie.

Nell’attraversa­re il tempo ho avuto il pregio di conquistar­e una persona alla volta, come ho fatto con il pubblico. Tra marciapied­e e palcosceni­co non c’è mai stata una linea di demarcazio­ne: per me tutto è palcosceni­co, tutto è marciapied­e.Ora festeggio Zero per essermi entrato dentro con prepotenza. Grazie a lui ho abbattuto muri, recinzioni, il finto moralismo che mi ha perseguita­to. E per il quale, forse, mi chiamo Renato Zero».

«Gabriella Ferri, Mimì, Loredana erano come me: il peregrinar­e disarmati per l’Italia ci procurava spunti per la battaglia. Non c’era confine tra marciapied­e e palcosceni­co»

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 ??  ?? Renato Zero in concerto nel 1980, anno in cui ha fondato la propria etichetta discografi­ca, la Zeromania Music. È l’unico artista ad essere riuscito ad avere album al numero 1 della classifica italiana in cinque decenni diversi, a iniziare dagli Anni 70
Renato Zero in concerto nel 1980, anno in cui ha fondato la propria etichetta discografi­ca, la Zeromania Music. È l’unico artista ad essere riuscito ad avere album al numero 1 della classifica italiana in cinque decenni diversi, a iniziare dagli Anni 70

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