Sei grassa o femminista?
Ma perdere peso vuol dire soccombere alla cultura del fat shaming? Se dimagrisci, tradirai le tue amiche grasse? Qualche anno fa, dopo aver perso 27 chili dagli iniziali 113 e poi averne ripresi 14, una giornalista di Elle lo ha chiesto a Naomi Wolf. Questa, non una fan delle diete, ha risposto che non c’è nulla di male a prendersi cura di sé: l’importante è sapere di valere ad ogni peso, che non si diventa improvvisamente validi perché magri. Ed è questo il vero messaggio della body positivity, e di questa rubrica sul fat shaming. Io merito rispetto ADESSO. Non per i chili che potrò o che potrei perdere. Merito rispetto adesso come lo meritavo a 130. Perché ogni corpo vale, e il corpo ideale non esiste.
E quindi: certo che puoi perdere peso, se vuoi. Oltre certi parametri anzi dobbiamo, per una questione di salute e qualità della vita. Il problema di quel film è che, perpetuando un mito pericoloso, eguaglia la magrezza al valore, alla felicità. Lavoro figo, appartamento chic, l’inganno del “prima” e “dopo”, come fossimo un format. Una bugia, ve lo dice una che era infelice a 130 come a 47. Una rubrica per noi, allora, per tutti. Su questo corpo che ci accompagnerà per l’esistenza e che dobbiamo amare, contro tutti quelli (noi compresi) che ci dicono il contrario. A 91 chili io ci sto provando. Ce la farò. Ce la faremo.
VOGLIO UNA VITA A FORMA DI ME
Soprannominata “Polpetta” dalla madre, la figlia sovrappeso di un’ex reginetta di bellezza s’iscrive per protesta al concorso per miss da lei organizzato. Dal romanzo per ragazzi
di Julie Murphy, il film con Danielle Macdonald e Jennifer Aniston. Su Netflix.