LA NUOVA MODA CREATA IN CINA
Addio Pechino “fabbrica del mondo”, adesso i suoi designer provano a esportare stile e creatività sulle passerelle
ENRICA RODDOLO «Peng Liyuan? La First Lady cinese la conosco e la vesto dagli anni 90», ha detto al Corriere Ma Ke, la stilista più famosa dell’ex Celeste impero perché, come Oleg Cassini per Jacqueline Kennedy, o Jason Wu per Michelle Obama, «veste» il potere. Laurea all’Istituto di tecnologia tessile di Suzhou, vive e lavora a Zhuhai, Canton, e ha lo showroom dietro al Museo nazionale d’arte di Pechino; «La moda? È arte e cultura sociale e il mio marchio WuYong è un invito perché l’abbigliamento torni all’essenzialità». Ecco, Ma Ke è un esempio del nuovo Designed in China. Che sta rimpiazzando il Made in
China. Nulla a che vedere con tessuti e stile di bassa qualità (e basso prezzo). Ormai la creatività cinese sfila sulle passerelle globali — da Milano a New York — e si riappropria della millenaria tradizione di un Paese.
Il Made in China low cost è stato sostituito dal Made in Vietnam o Bangladesh. Troppo caro ormai produrre nell’ex Celeste impero che rallenta la crescita, ma marcia sempre a ritmi sostenuti e oltre ai Paperoni che amano il bello e ben fatto (abito o quadro come dimostrano le aste milionarie) conta una classe media sempre più selettiva. Così nello studio di Ma Ke, gli artigiani costruisco
Usa. Ma la direzione è quella: esportare creatività nelle fashion week globali. Così a New York era in passerella Wang Tao, designer di Taoray Wang indossato da Tiffany Trump. Un terzo dei brand alla fashion week di New York «parlava» cinese, per il South China Morning Post. Nel 2018 la Cina ha esportato oltre 276 miliardi di dollari in tessuti e abbigliamento, il 36% del totale mondiale, dai dati del China National Textile and Apparel Council. «Le aziende cinesi promuovono marchi locali per innalzare la value chain», ha spiegato Xu Yingxin del Council. E a Milano, in passerella, c’erano il brand Bosideng fondato da Gao Dekang, e 20 designer dal distretto di Shenzhen: da Yinger Fashion al brand già assiduo alla fashion week di Pechino, Ellassay. Oltre a Zhao Huizhou che nasce dalla passione di Miss Zhao per l’arte. Nel suo background un master al Politecnico di Milano, percorso comune a molti talenti del nuovo «Designed in China». La stilista Rico Manchit Au con Ricostru, dopo l’Istituto Marangoni fu selezionata da «re Giorgio», prima a sfilare nel 2016 nell’Armani/Teatro. «E quello delle scuole di design sarà un ambito di collaborazione tra Italia e Cina – dice Carlo Capasa di Camera della moda (che sta collaborando al progetto della nuova Fashion Town di Xi’an che ha portato in passerella a Milano la designer Susan Tang).— In fondo, alcune scuole di design hanno già aperto in Cina».
In parallelo Pechino lavora per contrastare il fenomeno delle copie. Quale sarà dunque il futuro dei 2-3 milioni di artigiani delle «copie» che per anni hanno alimentato questo mercato parallelo? Gli analisti in Cina sono piuttosto concordi: questo patrimonio di artigiani capaci di riprodurre alla perfezione gli originali andrà ad alimentare il nuovo Designed in China. E saranno competitor seri per le maison europee.