IL SENSO PER LO STILE DI JACQUES TATI
Nei suoi film ha usato il design e l’architettura per fare satira sociale. Non a caso, Jacques Tati (1907–1982), scrittore e attore francese, diceva: «Le linee geometriche non producono persone simpatiche». Teoria che dimostrò con la villa Arpel di Mon Oncle, assolutamente inospitale, dove Monsieur Hulot, interpretato da lui stesso, aveva difficoltà a sedersi su un divano, camminare sui pas japonais del giardino, e con la città di “PlayTime”, dai personaggi stralunati, uffici omologati, corridoi interminabili. Al comico, premio Oscar nel 1958, è dedicato un cofanetto in cinque volumi, Jacques Tati. The Complete Works, curato da Alison Castle per Taschen (1.136 pagine, 185 euro; www.taschen.com), che raccoglie saggi, interviste, sceneggiature, schizzi, note, foto. (L. R. W.)
Uno sguardo a 360 gradi sulla poliedrica creatività di Ivos
Pacetti, ceramista e pittore, ma anche fotografo e abile imprenditore, attraverso 109 oggetti, provenienti da alcune tra le principali collezioni, tra cui i vasi globosi e le maschere femminili. La retrospettiva Ivos Pacetti imprenditore futurista. Ceramiche fotografie dipinti alla Wolfsoniana di Nervi, Genova, (fino al 19 gennaio 2020), curata da Matteo Fochessati e Gianni Franzone, svela la sua personalità innovativa dell’eclettico artista che, attratto dalla dinamica e rivoluzionaria estetica futurista, aderì nella seconda metà degli Anni 20 al movimento di Marinetti. (L. R. W.)