Un addio chirurgico, senza anestesia
Alcune poesie hanno un effetto curativo blando, di balsamo. Altre sono più forti, farmaci con un un principio attivo a rilascio immediato. Più rapide sono quelle chirurgiche, che isolano ed asportano fuori di noi qualcosa, grazie a parole esatte, spietate, asciutte. Alcune poesie operano senza anestesia: fa un po’ male, ma si è vigili mentre ciò avviene. È il caso di Dagli specchi, di Ana Blandiana, da L’orologio senza ore (Elliot, 2018, a cura di B. Mazzoni) di Ana Blandiana (nata a Timisoara nel 1942), voce di spicco della poesia rumena, sopravvissuta agli anni difficili del regime comunista di Ceausescu. In questa poesia (rimbalzata sui social grazie al sito Internopoesia) l’autrice combatte la Medusa della malinconia, che pietrifica chi la guarda dritto negli occhi, in maniera obliqua. Se non c’è pietà per la persona lasciata, almeno ci sia per le parole che usava, che restino solo sue e non vengano usate dal nuovo arrivo. Ma l’immagine più forte è quella del confronto tra gli specchi – oggetto ricorrente nelle poesie di Blandiana – e le fotografie. Lo specchio testimonia una presenza che si dà e si toglie da sè, mentre la fotografia testimonia un’assenza, illudendoci del contrario.
Anche qui il tema sono i videogiochi, ma la tratta solo quelli di casa propria, quel fenomeno di idee della Blizzard. In quasi 20 anni di vita, la softwarehouse californiana ha messo in fila grandi successi, da
a fino
a dominare è il verde della sostenibilità,
sede della più importante fiera al mondo dedicata alle menti tecnologiche del domani: