ECCO PERCHÉ GLI ITALIANI SONO NATI AL CINEMA
Gli storici inglesi sono grandi narratori. Lo conferma L’Italia e le sue storie 1945-2019, il libro di John Foot pubblicato da Laterza e già protagonista di Passaparola la settimana scorsa. Foot usa molto il cinema nel suo racconto. Per spiegare il bello e il brutto del boom ricorre a un’immagine che dice più di mille parole: «Nel film Il sorpasso (1962), epitome dolceamara del boom “sulla strada”, il bel Vittorio Gassman sfreccia su una Spider Lancia lungo la via Aurelia». Foot fa bene a usare il cinema. I registi sono stati i grandi narratori della nostra storia (lo disse subito, molto onestamente, Cesare Pavese). Il Risorgimento era rimasto incompiuto, aveva fatto l’Italia ma non gli italiani (secondo il famoso tweet di Massimo D’Azeglio). L’operazione la completarono i Rossellini, i Visconti, i Fellini, i De Sica. Gli italiani li ha fatti il cinema ed erano italiani belli. Poi ha continuato (e finito?) a farli la televisione e, per la verità, sono venuti fuori meno belli (ma è il limite di ogni produzione di massa).
La cosa strana è che la storia, quella vera, non la fiction, somiglia al cinema. C’è un periodo (anni Cinquanta/anni Settanta), prima del referendum che introdusse il divorzio, in cui la storia d’Italia somiglia alla più tipica commedia all’italiana cinematografica, un intreccio di amori adulterini come si diceva al tempo (ed era roba da codice penale): Fausto Coppi e la Dama Bianca, Palmiro Togliatti e Nilde Iotti, Luigi Longo e Teresa Noce, Roberto Rossellini e Ingrid Bergman, Carlo Ponti e Sophia Loren, Mina e Corrado Pani, Gigi Riva e l’altra Dama Bianca.
Non ho lo spazio, malgrado due puntate, per dire le tante cose buone sul libro di Foot. Chiudo con una domanda ai lettori. Qual è l’immagine più iconica dell’Italia 19452019? Falcone e Borsellino che ridono complici o Moro in maniche di camicia sequestrato dalle Br? Un’altra ancora?