Frasi brevi o lunghe Hemingway sfida Horcynus Orca
ROBERTO BARBETTI SCRIVE: «Per le accoppiate scrittore e cantante mi vengono in mente i romanzi di John Fante e le canzoni di Vinicio Capossela. In entrambi una vita cruda e realistica è mischiata con sapienza a momenti di sublime poesia e profonde emozioni». Capossela sarà contento, Fante credo un po’ meno.
Barbetti continua: «Trovo che si sposino bene Ian McEwan e David Bowie». McEwan sarà contento. Più passa il tempo più penso che David Bowie sia stato il più grande di tutti (nella vita e nelle opere).
Conclude Barbetti: «Gabriel García Márquez e i suoi romanzi e i suoi personaggi senza tempo li accoppierei col grande Ivano Fossati». Beh, Panama zampilla ottimo rum márqueziano già dal meraviglioso incipit (forse il più entusiasmante nell’intera storia della canzone italiana): «Di andare ai cocktails con la pistola / non ne posso più. / Piña colada o coca cola / non ne posso più». Anche se sospetto che lo scrittore nascosto dentro e dietro Fossati sia più Graham Greene (per il quale vale la stessa legge, fisica e morale, che vale per David Bowie: più passa il tempo più penso che sia il più grande di tutti).
IL DECALOGO STILISTICO del Kansas City Star da cui Hemingway trasse molto del suo impareggiabile stile («Usare frasi brevi. Usare paragrafi d’apertura brevi. Usare un inglese energico. Evitare l’uso di aggettivi. Eliminare ogni parola superflua»), non è piaciuto a Rosalba Marino: «Buondì, mentre aspetto il terzo mezzo che mi porterà a destinazione, mi corre l’obbligo di intervenire. Frasi brevi? Dica ai suoi lettori, se avessero coraggio, di leggere il vero romanzo della seconda metà del Novecento: Horcynus Orca».
Cara Rosalba, ogni decalogo è fatto per essere disubbidito prima o poi. Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (monaco di clausura della letteratura e, forse, santo) è un libro enorme, ma la supremazia assoluta per l’epoca va a Il male oscuro di Giuseppe Berto (frasi lunghissime).
GIANNI PIZZO (PIOVE DI SACCO, PADOVA): «Con un certo affaticamento oculare a causa del corpo di carattere di stampa troppo piccolo, mi sono fumato in due giorni e una notte La partita di Piero Trellini. Un poema epico in forma di prosa: vi si narra con taglio di suspense come se non ne sapessimo niente (La pagella in La Lettura del 15 dicembre) il 5 luglio 1982, Italia-Brasile 3-2. Una data e un evento frutto del lento e inesorabile mulinare del tempo, almeno trent’anni di storia di varie patrie e di tanti uomini, di calcio e di calciatori, e del circo che in quei tempi ha cominciato a girargli intorno. Grandissimo Trellini. E grazie al recensore per averne caldeggiato la lettura».
P.S. Un appunto “tecnico”: per quanto indiscutibilmente forti, «le braccia di Zoff intente a sollevare la Coppa» (pagina 537) sarebbero pura invenzione se la stessa pesasse i 4.275 kg dichiarati a pagina 309... (in effetti kg 6,175). A proposito di Zoff (e di Trellini), magistrale il capitolo L’Oscar di Zoff». Cosa aggiungere? Che Italia-Brasile 3-2 è il nostro Cent’anni di solitudine e Bearzot è Aureliano Buendía.
PIÙ PASSA IL TEMPO PIÙ PENSO CHE DAVID BOWIE E GRAHAM GREENE SIANO STATI I PIÙ GRANDI DI TUTTI (IN VITA E NELLE OPERE)