Fred, bambole & solitudine
Bambole tutte curve, whisky facile, notti piene di botte, bionde platiné che ti stendono sul pavé. Il mondo – e la musica – di Fred Buscaglione erano piombati nell’Italia degli anni Cinquanta e l’avevano movimentata potentemente nelle sue fantasie e nei suoi sogni. Arrivava lui con quel vago cipiglio
alla Clark Gable, il gessato da gangster di periferia con sigaretta malandrina e con quella voce che si “posava sulla tonsilla sinistra” e che quando era piccolo aveva steso pure la maestra, cantava piccole storie che magari oggi il #Metoo non avrebbe permesso, ma che arrivavano in fondo grazie a un’ironia e a una potente innovazione musicale, Eri piccola, piccola così… Lui, che era un musicista completo, che suonava ogni strumento con predilezione per il violino: in un’intervista a Radio 2 diceva che voleva includere nell’organico della sua orchestra “un martello con incudine, una sedia in fa maggiore e una chiave di un antico monastero perché il ferro vecchio è ricco di preziose sonorità”: di sicuro fu una prima rivoluzione nell’Italia in cui le colombe ancora volavano a Sanremo.
Fred Buscaglione componeva in simbiosi con l’amico paroliere e autore tv Leo Chiosso (quello di Parole parole Parole ela Torpedo Blu), si erano conosciuti giovanissimi nella gavetta dei night, persi per la guerra e ritrovati subito dopo. Condividevano la passione per l’America dei “bulli e pupe” e della musica swing, anche se presto capirono di dover sostituire “con le commesse della Standa”. Prendevano esempio per le loro microstorie dalla cronaca quotidiana, da Che bambola al Dritto di Chicago, ma soprattutto in Teresa non sparare, partono dai titoli di giornali per raccontare come un lui reagiva alla sua compagna tradita che gli aveva sparato per gelosia: