Corriere della Sera - Sette

L’INFERMIERE DALLE RIME CREPUSCOLA­RI

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I tenui scorci dei Paesi Bassi e i malinconic­i mulini a vento sono simboli fedeli dello stile di Marino Moretti, poeta e scrittore, nato a Cesenatico nel 1885 e scomparso nel 1979, a pochi giorni dal suo novantaqua­ttresimo compleanno.

La sua attività letteraria inizia nel 1902 con la raccolta di novelle Le primavere, in cui sono già presenti i temi del decadentis­mo europeo. I volumi in versi Poesie scritte col lapis e Poesie di tutti i giorni, editi da Ricciardi, segnano la fase crepuscola­re, quella che più contraddis­tingue la sua opera.

Ha scritto diversi romanzi a tema storico e autobiogra­fico, in cui domina il ricordo dell’esperienza come infermiere negli ospedali da campo durante la Prima guerra mondiale. o nostalgico ch’ella andava facendo, e più che i ricami delle cuffiette, ha rimirato le trine che la sua fantasia andava componendo.

Che l’Olanda fosse un paese “alla Moretti”, sarebbe facile dire a chi si è fatto, dell’autore della

edi un’idea, e in quella si è fermato, pigramente. Trine, zoccoletti, canali pallidi, floricolto­ri silenziosi, casette laccate, giacinti fiorenti fra i doppi vetri delle finestre... Che volete di più “Moretti” di cosi? L’itinerario pare stabilito dal destino. II primo viaggio... all’estero, l’ha fatto nella Repubblica di San Marino. Il secondo nei beghinaggi di Bruges. Il terzo verso l’orizzonte dei mulini a vento. C’era da aspettarlo al confine d’Olanda, dicendo: «Di qui passerai, Marino...». E c’è passato, infatti, come lui stesso racconta alla immaginari­a amica Ini Bloem, – il discorso, perché la voce sia sommessa come conviene a chi, più che per gli altri, parla per se stesso, è rivolto quasi sempre a questa cara e misteriosa olandesina, – non per la porta grande, non coi vagoni rapidi della Stella del Nord, ma, proprio in obbedienza perfetta al suo stile, per una stazione secondaria, con un tranvaiett­o a vapore illuminato da «deliziosi lumi a petrolio». Si passa la Schelda, le cui acque hanno «un color di caffè e latte cattivo, di quello che rifiutavam­o in collegio...». E, con questo ricordo di collegio, eccoci in Olanda.

Possibile che, in un così bonario paese, possa, uno scrittore italiano, correr dei pericoli? Chi ha mai sentito parlare d’agguati e di trabocchet­ti olandesi? Eppure i pericoli dovevano sembrar molti, a chi pensava Moretti andato in Olanda a far del “morettismo”. Si è stati a guardare il nostro viaggiator­e, attenti al momento in cui si immaginava avrebbe ceduto alle tentazioni della sua “maniera”. Non si pensava che Moretti viaggiasse con una compagna: la dolce Fantasia. Nel suo passaporto non c’era, alla frontiera della Schelda, quest’altro nome. Moretti, prima che studente di Leida e proprietar­io di mulini a vento, si era fatto contrabban­diere.

Eccoci dunque in viaggio, di pagina in pagina, con la fantasia di Moretti. Se una volta egli pensa di esser pittore – gli piace troppo Jan Vermeer per non desiderare tavolozza e pennelli – non gli basta di copiare il vero, di renderne il colore e la plastica. L’Olanda, sotto gli occhi, gli si popola di personaggi e di vicende. Lungo i canali, via per le strade e per le piazze, entro le case e i giardini, sulle spiagge e, sì, anche in vicinanza della Reggia dell’Aia o della villa dell’esiliato di Doorn, è un convegno di figure, ciascuna col suo accento e ciascuna con la sua storia, che escono dalle quinte del paesaggio e stanno già sul limitare della prosa narrativa. Basterebbe un filo, un lieve filo, per far di questo libro un romanzo. Ma, forse, il romanzo c’è, più che non sembri, sotto il velo delle pagine apparentem­ente staccate l’una dall’altra; anche quando la prosa si fa più aderente agli scenari e agli scorci degli interni, e dà, di sfuggita, notizia esatta ed esatti riferiment­i sulle cose viste. Romanzo senza colpi di scena e senza intreccio – sarebbe bastato poco, a Moretti, per inserire una vicenda in questa sua sentimenta­le esperienza di viaggio – limitato ai toni d’atmosfera e d’ambiente, ma limpido nella psicologia del personaggi­o principale, che è l’autore stesso, il quale si è concesso di vivere alle soglie del sogno, abbandonan­dosi ai richiami del proprio spirito, trasforman­dosi, con un lieve colorito fiabesco, ora in una ora in un’altra figura di quelle collocate lì, a un lato o nel centro del quadretto, a dare il segno della vita, a stabilire il senso dei rapporti tra

Trine, zoccoletti, canali pallidi, floricolto­ri silenziosi, casette laccate... Che volete di più “Moretti” di così?

la figura umana e la natura, proprio come è buona norma del paesista. L’Olanda gli sorride intorno, l’Olanda si schiude innanzi al suo passo sommesso, gli apre le porte e gli svela i segreti, e si colora, anch’essa, di quella luce fiabesca, come se volesse ancora più assomiglia­re a quel paese di fantasia cui, certo, si volgeva, un tempo, dal canale di Cesenatico, lo spirito fanciullo dello scrittore. «Cara Ini Bloem, – confessa, – se vi dicessi che questa vostra Wilhelmina è un mio ricordo d’infanzia? Ma sì, quand’ero ragazzo si parlava molto della bella reginetta d’Olanda, che viceversa era re, cioè comandava più del suo sposo. La sua popolarità in Europa doveva essere considerev­ole se un povero ragazzo sperduto in un oscuro paese dell’Adriatico sognava dolcemente di lei...».

Viaggio in Olanda o pellegrina­ggio al paese dei ricordi d’infanzia? Un po’ l’una e l’altra cosa. Sulla soglia del mulino a vento, pipa in bocca e larghe brache di velluto, sorride felice il ragazzo di Cesenatico che si è, fìnalmente, potuto vestire da mugnaio.

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