LUCIO E GLI ALTRI IL PROCIONE È DOMESTICO?
Il procione, detto anche orsetto lavatore, nome scientifico Procyon lotor, è molto carino, è vivace e ha un musetto simpatico. Ma dietro questo aspetto grazioso si nascondono rischi inaspettati e fatti incresciosi, come l’arrivo in casa dei carabinieri. È successo il 1° novembre scorso a Olga Sudak, padrona di Lucio, giovane procione che veniva portato a spasso, tenuto al guinzaglio, nel quartiere milanese di Baggio. Ovviamente è stato notato e denunciato, così i carabinieri forestali lo hanno sequestrato e portato al Centro di recupero di Monte Adone (Bologna). Da qui, è iniziata una lunga e interessante vicenda giudiziaria e umana. In Italia, è vietato detenere i procioni (come altre specie) sia in base alla legge 150/1992 e relativo elenco del 1996 sugli animali “potenzialmente pericolosi” sia al decreto legislativo 15 dicembre 2017 n.230 sugli animali “invasori”. La sua padrona viene dall’Ucraina, dove invece questo animale è considerato domestico, legale. A Charkiv (Kharkiv, in ucraino), esiste addirittura un Raccoon cafe, dove i clienti possono coccolare un procione, come in Giappone, Italia e alcuni altri Paesi succede con i gatti nei Cat Café.
Il trovatello
Olga Sudak aveva raccolto Lucio da cucciolo abbandonato, a circa quindici giorni, lo ha allattato con il biberon e lo ha cresciuto. Poi, lo ha portato in Italia con regolare passaporto, libretto sanitario, vaccinazioni e microchip, senza immaginare di compiere un reato. Per lei, inoltre, questo animale aveva avuto anche la funzione di pet-terapeuta: in lui aveva trovato grande conforto, l’aveva aiutata a guarire dalle ferite fisiche e spirituali che le aveva inflitto il suo compagno, che infatti per questo è stato condannato. Così, dopo il sequestro, Olga era disperata, in uno stato di profonda sofferenza, minacciava anche lo sciopero della fame e ha pubblicamente dichiarato «Ridatemi il mio procione. Grazie a lui sono rinata dai maltrattamenti che ho subito». Ma Lucio restava lontano. A fine novembre, arriva una buona notizia: il Gip, giudice delle indagini preliminari, ha stabilito che questo singolo procione non è pericoloso e ne aveva consentito il ritorno dalla padrona. Secondo il Tribunale di Milano, con una decisione non generalizzabile, l’individuo Lucio non è pericoloso, perché in buone condizioni di salute, vaccinato, affettuoso, ben socializzato con gli esseri umani, microcippato e tenuto in modo adeguato alle sue esigenze etologiche e psicologiche. Lucio dunque, dal punto di vista penale, era a posto e si prospettava il ritorno a casa. Ma è subentrata un’altra questione, che ha impedito il “ricongiungimento familiare”: i procioni sono considerati anche “invasori” (secondo il decreto legislativo 15
dicembre 2017 n.230), per cui è scattato un secondo sequestro, amministrativo, perché la sua padrona non lo aveva dichiarato alle autorità entro il 30 agosto 2019.
La legge li considera animali “potenzialmente pericolosi” e “invasori” ma in altri Paesi, come l’Ucraina, tenere in casa un orsetto lavatore è legittimo. In Italia sono al centro di una battaglia giudiziaria. Che arriverà fino al ministero dell’Ambiente
Il caso Remigio
Aveva invece fatto questa denuncia il padrone di Remigio, procione che viveva in una gabbia bene attrezzata di 10×3,5×2 metri in un giardino di San Stino di Livenza (Ve), accudito e coccolato in casa. I proprietari, per senso civico, l’estate scorsa hanno infatti dichiarato il possesso del piccolo mammifero “ai sensi degli art.26 e 27 del decreto legislativo 15 dicembre 2017 n.230, recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento Ue n. 1143/2014”, ovvero quello sugli invasori. La denuncia era condizione indispensabile per poter legittimamente detenere il procione vita natural durante. La dichiarazione richiesta dalla legge però ha avuto un effetto inaspettato e contrario, la visita di sette tra funzionari Asl e carabinieri forestali Cites di Mestre, che hanno denunciato il proprietario di Remigio per “detenzione di animale potenzialmente pericoloso per l’incolumità e la salute pubblica” (ovvero la legge sui pericolosi) e l’hanno sequestrato e inviato in un Centro di recupero in provincia di Modena. Oltretutto, Remigio era custodito nel modo migliore per evitare la fuga nell’ambiente selvatico. Insomma, grande contraddizione tra la legge 150 del 1992 e il regolamento europeo del 2014 con le relative norme applicative.
A proposito di invasori: i procioni sono di origine nordamericana, ma non hanno invaso proprio niente, sono stati importati contro la loro volontà (come le nutrie e altri) in Europa qualche decina di anni fa per diventare pellicce (il famoso cappello con la coda di Davy Crockett…). Finita la moda, sono stati abbandonati e, per esempio, una cinquantina di esemplari si sono sistemati nel Parco Adda, in Lombardia, dove, qualche anno fa, sono stati “eradicati”, che significa sterminati, come è previsto per tutti gli individui di questa specie e non solo in Italia.
Tornare indietro
Riassumendo: per Lucio non esiste un habitat, un posto naturale, in cui tornare, a parte il fatto che comunque non se la caverebbe, perché non ha avuto l’educazione di specie necessaria. Ed è pure castrato, dunque non può riprodursi, inquinando i puri procioni autoctoni, che però non esistono. Una legge, questa sui “pericolosi”, che è stata fatta quasi trenta anni fa, per salvare le specie esotiche dal commercio sfrenato e nocivo definendole appunto pericolose come escamotage, come trucco, e che poi però si è trasformata in una norma contro i singoli animali. Intanto, l’avvocata di Olga Sudak, Giorgia Antonia Leone, prosegue la sua battaglia legale e sta anche scrivendo una riflessione generale su questi temi da mandare al Ministero dell’ambiente.
Visitare i detenuti
Un aspetto quasi bizzarro e commovente della questione legale è che la signora Sudak ha avuto il permesso di andare a trovare il suo procione nel rifugio dove è detenuto, perché il pubblico ministero, Sara Arduini, ha accolto la richiesta dell’avvocata di permettere un incontro tra lei e l’animale sequestrato. Sembrerebbe un importante riconoscimento del legame affettivo tra il procione e la sua umana, ma la pensa molto diversamente Roberto Bennati, vicepresidente della Lav: «Un proprietario può chiedere e ottenere di vedere i suoi “beni” sequestrati dallo Stato, così sono considerati anche gli animali vivi, per controllarne lo stato di conservazione». Il problema di fondo è che queste leggi considerano gli animali appunto come beni, come oggetti, tavolini, soprammobili, e non come individui senzienti. Non tengono conto delle esigenze emotive e dei legami affettivi che si creano tra loro e i loro padroni. Strapparli alla loro famiglia di adozione comporta stress e sofferenza, per tutti, umani e non umani. E, in casi come questi, non è utile alla natura né alle specie selvatiche.