SETTANT’ANNI DI FESTIVAL E DI GLAMOUR SANREMO
È un abito di velluto marron e bordeaux, elegantissimo, confezionato ad hoc dalla couturière Gigliola Curiel, quello con cui Iva Zanicchi («era bellissima e simpatica», ricorda oggi la figlia della stilista, Lella) nel 1969, vince il Festival di Sanremo con Zingara. L’Aquila di Ligonchio quattro volte sul podio del festival, trattava i vestiti come amuleti: «Mi ero convinta che se mi vestiva la mia sarta Ines Costi vincevo», racconta citando l’abito color carota di Non pensare a me (1967) e quello nero di Ciao cara come stai?, votata in massa nel 1974.
All’Ariston la gara con le altre grandi protagoniste, Mina e Milva, non si è giocata soltanto sul piano di voci e di canzoni, ma anche su quello dell’eleganza, che scatenava entusiasmi e dibatti nelle case degli italiani.
«Il Festival della canzone italiana compie 70 anni e rileggere i look di cantanti e presentatori delle 69 edizioni passate ci permette di comprendere l’evoluzione dei costumi», spiega Marvi De Angelis, consulente di moda con il suo studio Marver della mostra Sanremo
(a cura di Rai Teche, con la direzione creativa di Andrea Di Consoli e Dario Salvatori) inaugurata il 2 febbraio al Forte Santa Tecla: aperta dal 3 al 16, ingresso libero. Dalla radio al televisore, dal bianco e nero alla tv a colori, dal Casinò all’Ariston, l’esposizione racconta l’evoluzione della più longeva manifestazione canora attraverso memorabilia (c’è il primo microfono), immagini e abiti originali (solo tre le copie). Con l’arrivo in Italia della tv, nel 1955, quattro anni dopo la nascita del festival, trasmesso fino ad allora solo in
All’inizio gli artisti si pagavano gli abiti, oggi sono gli stilisti a offrirli e i look sono tenuti segreti fino all’ultimo (con tanto di depistaggi)