Corriere della Sera - Sette

REGINELLA: NON LA SAPEVO...»

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cantato. Ho scoperto me stesso. Non ho mai dubitato davvero che quella fosse la mia vocazione».

Poi arrivò Giorgio Strehler.

«Giorgio mi diede la patente. Ma io avevo già lavorato con Giorgio De Lullo e Romolo Valli per la Compagnia dei Giovani con due spettacoli di grande impatto:

e . Di Strehler fino ad allora avevo soltanto sentito racconti lontani».

Spieghi.

«Fu Patroni Griffi a parlarmene: “Massimo, dovresti lavorare con lui”. Risposi: “Lui chi?”. Mi riprese: “Lui, Giorgio Strehler,

E l’incontro avvenne.

«Fui convocato al Piccolo Teatro, nella storica sede di via Rovello. Arrivai a Milano cinque giorni prima. Seguivo di nascosto le prove di

un capolavoro di Brecht. Lo vedevo da lontano.

Un magnifico despota.

«Ci rincontram­mo, nel 1994, per

di Marivaux. Niente era cambiato: né la sua stima nei miei confronti né il suo approccio durissimo. Portammo lo spettacolo a Barcellona. Provammo per otto ore, dalle 5 del pomeriggio all’una di notte, questa scena: si alza la luce sulla spiaggia dei naufraghi e Iphicrate chiede ad Arlecchino, che ero io: “Dove siamo?”. La mia risposta era: “Su un’isola, padrone”. Otto ore di tormenti per arrivare al massimo risultato. Pazzesco e meraviglio­so. Ma Giorgio era capace anche di gesti di tenerezza infinita. Un giorno, durante le prove, venne sotto il palco e sibilò: “Massimino mio, come sei diventato bravo!”. Strehler mi ha dato la consapevol­ezza del teatro. “Che faccio, Giorgio?”, gli chiedevo. Diceva: “Buttati, ti guardo le spalle”». Perdere l’amore è la canzone sim

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