Corriere della Sera - Sette

«STREHLER, GENIO VIOLENTO»

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bolo di Sanremo insieme a Nel blu dipinto di blu. Come è nata?

«Ero in tournée e pensai, dopo 18 anni dedicati solo al teatro, di partecipar­e a Un amico insisteva per farmi conoscere un ragazzo, Giampiero Artegiani, che aveva scritto una decina di belle canzoni. Rimandavo. Un giorno, a Vicenza, gli dissi: “Portamelo”. Mi fece ascoltare cose buone, ma non eccezional­i. Poi, quando era già sulla porta, mi disse: “Questa è l’ultima”. Era

Successo enorme. Ogni sera in teatro mi chiedono di cantarla». Parliamo di Napoli.

«Prima di questo cataclisma era la città più dinamica d’Italia con Milano. Per anni è stata prigionier­a di un’immagine oscura, in contrasto con la solarità del paesaggio. Un cammino faticoso che il virus rischia di vanificare. L’uomo che sono oggi è dovuto al fatto che sono nato a Napoli.

So che ha la forza di reagire». Anna Magnani, come la incontrò?

«Iniziai a cantare le canzoni napoletane grazie a lei. Prima sapevo solo

e .In roulotte, mentre giravamo con Giannetti, cantava :“

La conosci?”, mi chiese. “E che razza di napoletano sei?”. Mi aprì un mondo, coltivato poi con Mauro Pagani».

Il suo momento più sofferto?

«La vita è gioia e sofferenza. E il peggio non è certo uno spettacolo che va male. Ma la morte dei tuoi genitori o di qualcuno che ha guadagnato il tuo affetto, che ti è stato vicino. Penso a Walter, l’amico del cuore: era di Bologna, se ne andò all’improvviso». Il suo momento più felice?

«Non ambisco alla felicità. Cerco la serenità. La felicità è fugace, ti stordisce e va via. Serenità vuol dire essere padroni della propria vita».

C’è un passo di Tutte le mie leggerezze che, sulla vita, dice: l’importante è crederci poco / far finta che è solo un gioco. Conferma? «Sì, la vita è un grande palcosceni­co e ognuno deve fare la sua parte. Mi sento appagato. Ho fatto le mie scelte, ho vinto e ho perso. Ora, come tutti, aspetto che finisca questo incubo. Il momento che stavo vivendo era splendido. Il ritorno a assieme a Tiziano Ferro, il nuovo disco, l’omaggio di Aldo Giovanni e Giacomo in

Odio l’estate.

Un film di Francesco Antonio Castaldo, normale,

Qualcosa di una storia d’amore molto tenera. L’idea di riprendere a fine anno in teatro di Cechov per

Il gabbiano la regia di Giancarlo Sepe. Niente, tutto fermo, sospeso. Ma io sono napoletano e so bene che cosa significa affondare e rinascere».

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