LA PROLIFERAZIONE DI VOCI INCONTROLLATE, CHE SIANO INGANNI PLATEALI O INESATTEZZE, CI COLPISCE COME UNO SCIAME. UNO SCIAME VIRALE E DIGITALE
La proliferazione di cattive notizie è tra le patologie opportunistiche della Covid-19. Non è affatto la meno pericolosa. Le voci arrivano dallo sconosciuto della rete come dai giornalisti accreditati che hanno fatto proprio il principio di assecondare a ogni costo «ciò che funziona»; dai nostri amici stretti come dalle figure istituzionali. Poche ore fa Jair Bolsonaro ha inanellato una serie mirabolante di calunnie sul coronavirus mettendo a repentaglio, in una manciata di parole, la salute di una nazione, e indirettamente di tutti noi.
Ilaria Capua ha scelto, per parlare dell’epidemia, un’espressione efficace: siamo stati investiti, ha detto, da uno «sciame virale». Significativamente la stessa parola, «sciame», era stata scelta anni prima dal filosofo coreano Byung-Chul Han per descrivere la condizione umana nell’epoca digitale: «La nuova folla, ha scritto, si chiama sciame
digitale». Nello sciame digitale – nell’epidemia di falsità – ci arriva addosso di tutto: inganni plateali, omissioni, manipolazioni, inesattezze. Le metto sullo stesso piano di proposito anche se potrebbe apparire grossolano, perché in un’emergenza grave diffondere una bugia o una notizia approssimativa può avere lo stesso impatto nocivo.
I vettori della falsità, molto spesso, siamo noi, con ogni testo o video o audio che frettolosamente condividiamo senza prenderci il tempo di verificare da dove proviene, se sia stato validato o meno dalla comunità scientifica. Ci laviamo le mani con più cura di prima, ma non abbiamo ancora disinfettato i nostri feed, i nostri tweet, gli schermi, le bacheche. E se nell’ultimo mese abbiamo imparato con dolore cosa fosse il distanziamento sociale e perché fosse indispensabile, siamo ancora molto distanti dal mettere in atto un igienico distanziamento social.
Abbiamo gli scienziati, per una volta, da cui prendere esempio. penombra dei loro laboratori, pallidi, abbagliati dalle luci degli studi televisivi. Hanno le loro avventatezze, certo, i loro protagonismi e fanno errori come tutti, ma osserviamone la compostezza, la ricerca delle parole giuste, misurate; contiamo quante volte si schermiscono dietro il verbo «verificare»: l’ipotesi è ancora da verificare, lo studio è da verificare, la notizia va verificata, cioè non resa vera dicendola, ma accertandone la verità prima di dirla. Se per anni abbiamo ripetuto «che nessuno sia esperto così che siamo esperti tutti», adesso diamo «la parola agli esperti».
Il mondo della medicina si unisce per trovare al più presto un vaccino contro la Covid-19. Il mondo dell’informazione, e noi tutti diffusori involontari di notizie, uniamoci al più presto per trovarne uno contro le falsità. Un vaccino fatto di amore per le fonti, di comparazione critica e di molta prudenza nelle condivisioni. Affinché sia efficace, il vaccino va somministrato in tempo. Perciò vorrei chiudere la reprimenda con una proposta: iniziamo dalle scuole. Una grande campagna di vaccinazione contro le voci incontrollate, a partire da adesso, quando la scuola è virtuale e i giovani sono più esposti che mai alle dicerie. Per descrivere l’azione faticosa di confutare le notizie sbagliate si usa un termine inglese, debunking, così abbiamo già anche lo slogan: «Debunking fra i banchi».
Lo sciame ci sta già investendo. Facciamo presto.
"DEBUNKING