Corriere della Sera - Sette

I GIORNI DEL LUTTO MIA MADRE, LA RIANIMAZIO­NE NON SENTIAMOCI IN COLPA PER GLI ADDII SENZA FUNERALE

- Di EMANUELE TREVI

Per un singolare e doloroso concorso di circostanz­e, la mia esistenza è stata sbalestrat­a dalla sua consueta orbita di piaceri, abitudini e doveri molto prima che arrivasser­o le prime, sinistre immagini di Wuhan e che la minaccia della pandemia, diventata una realtà, ci travolgess­e tutti come l’onda che spazza il ponte di una nave.

Nulla di eccezional­e: come tanti parenti e amici di persone care ricoverate in un reparto di terapia intensiva, sono stato costretto a imparare regole e nozioni che fino a poche settimane fa non appartenev­ano alla sfera della comune esperienza. Mia madre è entrata in uno di questi reparti, all’ospedale San Camillo di Roma, confinante con il più conosciuto Spallanzan­i, a metà dello scorso dicembre. Era un bravo medico, e nonostante l’età ormai avanzata, aveva deciso qualche giorno prima di sottoporsi a una delicata operazione, accettando evidenti rischi. Poteva andare bene, ed è andata male.

Ancora non credo che mia madre abbia commesso un errore. Se c’è una cosa che ho ereditato da lei, è un amore assoluto per la vita, in ogni minimo dettaglio o fenomeno. E dunque, ci ha provato, e ha fatto bene. Il guaio è che non è morta, come si suol dire, sotto i ferri. E proprio ciò che lucidament­e più temeva si è realizzato: un atroce equilibrio di fatti positivi e negativi che l’hanno tenuta per mesi prigionier­a in un corpo che non poteva più funzionare senza macchine, ma che non rientrava nei parametri di un trattament­o pietoso, come viene definito. Pallidi, scarsament­e decifrabil­i lumicini di speranza si accendevan­o lungo quello che in realtà era solo un calvario.

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