«Stati Uniti ed Europa fanno errori opposti»
«Le accuse contro Woody Allen probabilmente non avrebbero avuto nuovo spazio se non fosse stato per il #metoo. In Francia c’è una certa riluttanza a moralizzare, negli Stati Uniti al contrario, quando cambiano le regole, chiunque non si unisca alla folla nel mettere al bando il presunto peccatore è moralmente sospetto a sua volta». Pamela Druckerman è una giornalista di costume,contributor del New York Times, e da americana che vive a Parigi ha una doppia prospettiva sulla vicenda
Allen e su come si intreccia al movimento che più ha cambiato la società Usa negli ultimi anni: «Lo slogan “credi a tutte le donne”’ (cui Allen fa riferimento nel libro, ndr) nasce da una buona ragione: per troppi anni le vittime non sono state credute e abusi incredibili sono stati tollerati. Ma concludere che gli uomini siano colpevoli anche solo se accusati è pericoloso. L’Europa da parte sua rischia di non fare abbastanza nascondendosi dietro la storia che “la vita è complicata”». – «per quello che ne sapevano, io avrei potuto essere Alfred Dreyfus o un serial killer» – ed è spietato con gli attori che gli hanno voltato le spalle. Ma, in fondo, non sembra troppo preoccupato. Oggi l’uomo che si sente Blanche di Un tram chiamato desiderio quando dice: «Non voglio la realtà, voglio la magia», e attribuisce la sua perenne cupezza al «trauma provato quando mi resi conto che i film di Fred Astaire non erano documentari», vive una vita tranquilla. L’amante delle “champagne comedies” ambientate nei super attici di New York e che in un attico così ci aveva vissuto («Keaton e io ci svegliavamo, premevamo un pulsante accanto al nostro letto e le tende si aprivano rivelandoci se a Manhattan c’era il sole, pioveva o nevicava») l’ha poi venduto per una casa più a misura