«I COMPLIMENTI VOLGARI?
enormemente, domani sono in piena assoluta depressione». Del resto il temperamento di un artista è spesso così. Gli inizi con Jannacci e Celentano al Santa Tecla di Milano. Il provino con Mogol, il suo primo disco Ciao ti dirò dove da Garberscik diventa Gaber. Da quel momento è un successo dopo l’altro. Dopo anni di grandi successi televisivi, Giorgio comincia a sentire un disagio rispetto alla tv che con l’inizio del ‘68 non riesce più a farsi portavoce delle istanze culturali del periodo storico. Giorgio si butta nel teatro per seguire i sogni dei ragazzi. Ed è amore a prima vista, passione irrefrenabile. «Ecco di chi davvero potevo essere gelosa – confida Ombretta – del teatro».
In questa girandola di emozioni artistiche, nasce e cresce il loro amore. Una sera a Milano
Giorgio le dice: «Credo che io e te potremmo andare davvero lontano sai?». E non si riferisce certo a un viaggio... Dopo un solo anno di fidanzamento si sposano il 12 aprile 1965, di lunedì mattina, all’abbazia di Chiaravalle. Poi la loro quotidianità, certo non noiosa. «Avevamo trovato il nostro equilibrio di coppia, costretti spesso a stare lontani per lavoro. Così si teneva accesa la passione. Però ci eravamo dati una regola: se per lavoro eravamo distanti da Milano non più di 150 km, dovevamo tornare a casa a dormire». Una regola che ha funzionato nel tempo. Come ha funzionato la loro diversità caratteriale: «Un po’ diversi bisogna esserlo, se si è uguali è una noia mortale. Quando ho capito che per lui viaggiare era una tortura, ho cominciato a viaggiare con le amiche». Dunque
autonomi e indipendenti, ma capaci di starsi vicini: lei che lo supporta in un momento di difficoltà quando Giorgio, nei primi tempi del teatro, ha un periodo duro; lui che, anni dopo, la supporta nella sua scelta politica, quando amici e conoscenti le gettano la croce addosso («molti amici di sinistra non mi perdonavano la scelta di Forza Italia e non la perdonavano neppure a Giorgio! Secondo loro avrebbe dovuto lasciarmi per questo»). La verità è che c’è anche tanta stima reciproca. «L’ho amato molto e ho imparato tantissimo da lui, dal suo buon senso e dalla sua acutezza di analisi, dal suo sospetto verso estremismi, dietrologie e idee in voga».Perché la verità è che Giorgio non amava essere anti conformista ma semplicemente non confor