«PER SALVARCI DALL’ECO-DISASTRO COSTRUIAMO UNA NUOVA ARCA DI NOÈ»
che «conoscere Teresa Bartolomei è un dovere».
La studiosa risponde da Lisbona, dove vive da più di vent’anni, e dove oggi l’esperienza dell’autoreclusione per contenere la diffusione del virus «paradossalmente, mi ha avvicinato all’Italia perché, se sei confinato dentro le pareti domestiche, non fa una grande differenza trovarsi a New York, a Roma o a Lisbona: le sfide, le opportunità, i problemi sono gli stessi. Da un lato ti trovi in mano un tempo senza forma, senza calendario. Dall’altro ti trovi privo di quel ritmo di entrata-uscita, “dentro” e “fuori” che disegna l’equilibrio spaziale della nostra liberperduti, tà tra spostamento e permanenza, tra ritrazione ed esposizione, tra il nido e il cielo. L’intermittenza tra questi due poli è la pulsazione biologica e antropologica della vita individuale e collettiva, ed essere privati di uno dei due è una condizione di eccezionalità. Anche chi la sceglie, come i claustrali, conosce bene le sue insidie: l’accidia — la malinconia passiva in cui vengono meno la vitalità, la voglia di fare — è la malattia mortale di eremiti e claustrali. I Padri del deserto le hanno dedicato pagine memorabili, che magari è il caso di andarsi a rileggere in questi giorni strani, in cui ci sentiamo un po’ flaccidi e come Giovanni Drogo nella Fortezza Bastiani del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati».
Non è mancata, in alcune riflessioni che girano in questi giorni, una lettura consequenzialista di questa pandemia, come un effetto diretto o collaterale del degrado ecologico. «C’è chi gioisce dell’arresto generalizzato della macchina produttiva, della natura che tira il fiato in questa pausa dell’economia. Io sono felice di vedere le immagini dei delfini nel Canal Grande, a Venezia, ma i costi umani della crisi economica che ci aspetta sono incalcolabili. Combattere il negazionismo ecologico alla
priorità morale e spirituale assoluta — vedo tanta gente che non resta con le mani in mano, ma si è messa sotto a costruire l’arca, il nuovo modello di civiltà in cui imbarcare la terra, salvarla dal diluvio che la travolgerebbe se non arrestiamo in tempo il degrado ecocida del nostro habitat».
Anche il tempo ha una sua suggestione: i 40 giorni e le 40 notti che Noè e tutti coloro che erano con lui trascorsero nell’arca, secondo il racconto biblico, sono stati necessari per far sì che «l’uomo cambiasse». L’autoreclusione come condizione di cambiamento? «Noè, come una grande fetta di umanità in quesospeso a tempo indeterminato. Quando il nostro mondo riaprirà le porte, quando potremo rimettere i piedi sulla terraferma della normalità, avremo imparato la lezione?».
La scelta da fare, per Bartolomei, non è tornare a forme di economia preindustriale, invertire il corso della globalizzazione, smobilitare l’apparato tecnico e scientifico. Non c’è bisogno di meno scienza, meno tecnica, meno produzione, piuttosto «di un sistema tecnicoscientifico ed economico che ridefinisca radicalmente le proprie priorità, così come la conversione individuale a forme di vita purificate dal consumismo sfrenato, capaci di una sobrietà che rispetta il diritto di tutti alla fruizione dei beni essenziali. Il numero 40, quello dei giorni del diluvio, è la cifra biblica della penitenza e della conversione, della prova e della sospensione della normalità in vista di un nuovo inizio. Il picco europeo di questa pandemia coincide con il periodo liturgico della Quaresima. Leggere questa coincidenza come un messaggio di Dio è superstizione. Ma il credente, come il non credente, può accoglierla come una chiave ermeneutica, un invito a vivere tutta questa sofferenza come un’opportunità di cambiamento e non solo come un’esperienza distruttiva».
Riaffiora l’idea di un “destino comune”: qual è questo destino? «La quarantena eleva a legge la distanza fisica e sociale. Tuttavia, paradossalmente,
«Non sono solo gli individui chiusi in casa: è il modello di vita occidentale, con la sua straordinaria potenza di libertà e produttività, che è entrato in quarantena. Quando riapriremo le porte, avremo imparato la lezione?»