Vivere uno accanto all’altro, come gusti del gelato
Le parole stanno rincorrendo il mondo che sta cambiando. La banalità perduta si fa lirica, una trita metafora diventa drammatica nel suo senso denotativo. In pagina mettiamo una poesia di Umberto Fiori che Paolo Giovannetti ha segnalato i primi giorni del Covid-19. Si chiama Contatti, tratta da Tutti (1998), e lamenta di un contorsionismo sociale che ieri era da sopportare e oggi si rimpiange: prima stavamo a due dita di distanza, ora due metri, quando va bene. Bella l’immagine dei gusti del gelato.
Delle poesie vostre che avete inviato m’ha spiazzato rileggerne una di Lorenzo Rodella, su un luogo «Dove persino la morte / diventa / quasi una scelta, / un divieto di vivere oltre / una porta fra le porte». Cesare Sartori sollecitava da tempo la lettura delle poesie di Gian Giacomo Menon, nato nel 1910 a Medea (Gorizia), insegnante, scrittore, poeta, e scomparso nel 2000 a Udine. Ci torneremo, intanto ecco un breve testo: «Nido del sagittario / un grillo ha cantato / non più di un bisbiglio / nella pena dell’essere». Mi chiedo quanto durerà il silenzio che nelle città esalta il canto degli uccelli, il latrato dei cani e la nostra solitudine; chissà se il grillo sarà solo un bisbiglio o sarà fragoroso come il frullìo della persiana della vicina, mai udito prima.