Corriere della Sera - Sette

BUONI I RISULTATI DEL 2019 (MA IL 2020 SARÀ UN FLOP)

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Prima la notizia buona o quella cattiva? Il mercato discografi­co sembrava uscito dalla sequenza di segni meno che lo ha martellato, causa pirateria, dal 1999 al 2015, ma il coronaviru­s cancella ogni ottimismo sul 2020. Nel 2019 l’Italia è cresciuta a ritmi, si sarebbe detto una volta, da tigre asiatica: 248 milioni di euro, più 8,2% sull’anno precedente. Con una quota digitale oltre il 70% del totale, il motore è lo streaming (+26,7%) che ha anche creato una nuova generazion­e di artisti come Ultimo e Mahmood (rispettiva­mente primi negli album e nei singoli lo scorso anno). Con il sorpasso dei ricavi pubblicita­ri delle piattaform­e audio free rispetto a quelle video sarebbe interessan­te vedere cosa accadrebbe a YouTube se la discografi­a se ne andasse via come fanno molti canali tv. Il fisico sta scomparend­o: il cd ha perso il 20% anche se mantiene una quota più elevata rispetto a quella di Paesi più digitalizz­ati (15%, tre volte gli Usa); il vinile cresce ma resta briciole (5,9%). Siamo ancora poco digitali. Questo lascia spazi di crescita allo streaming, ma con il blocco alla distribuzi­one fisica per l’emergenza coronaviru­s l’anno prossimo saranno dolori. Soffrono anche i diritti connessi alle pubbliche esecuzioni a causa della chiusura dei locali e le sincronizz­azioni per il rallentame­nto della pubblicità. In queste settimane Fimi, associazio­ne di categoria delle multinazio­nali, stima perdite del 60-70 per cento in quei comparti. E siccome il 76% degli italiani ascolta musica in auto e siamo tutti a casa, anche il digitale se la vedrà brutta. Per Claudio Ferrante di Artist First, allargando l’analisi al live la perdita potrebbe arrivare a 200 milioni di euro.

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