«VOLEVO FARE IL CALCIATORE E RESTO UN ATTACCANTE»
Stefano Bonaccini, il Bruce Willis di Campogalliano (copyright di Matteo Renzi), compare nell’inquadratura Skype con gli occhiali a goccia che hanno rivoluzionato la sua immagine durante le ultime Regionali. Dopo la vittoria del gennaio 2020 sulla candidata leghista, Lucia Borgonzoni, è stato osannato come «àncora del centrosinistra». Ora è nella trincea dell’epidemia. La sua regione è martoriata dal coronavirus. Srotola con fierezza le sue medaglie in tempo di guerra: «Sono stato il primo, dopo le scuole, a chiudere bar e ristoranti, poi i mercati. Il primo a impedire le corsette nei parchi. Ora stiamo sperimentando i tamponi agli automobilisti e i farmaci a domicilio dopo i primi sintomi, per rallentare l’esplosione della malattia». Anche lei, come Renzi, è tra i sostenitori del “riaprire subito”?
«Bisogna ascoltare la comunità scientifica per capire dove, quando e come sarà possibile riaprire. Ma stiamo già ragionando sul domani: ho parlato con Romano Prodi e siamo d’accordo sulla creazione di un gruppo di economisti, di scienziati e di umanisti che immagini dove indirizzare la regione».
Online circolano commenti su come la sanità in Emilia-Romagna abbia reagito meglio che in Lombardia.
«Non faccio paragoni. Ma quando la mia avversaria leghista sosteneva di voler portare al 50% il peso dei privati nella sanità, io andavo dai privati e chiarivo: “Voi qui non supererete mai il 20%”».
Quanto è cambiata la sua vita con il coronavirus?
«Lavoravo sette giorni su sette. Continuo a farlo anche ora».
Lei ha due figlie.
«Maria Vittoria, di 27 anni, e Virginia di 18. Purtroppo le ho