«CERCHIAMO STORIE PER DARE UN SENSO A QUESTA PANDEMIA ECCO IL MIO LIETO FINE»
Tutti sono stati spericolati nel viaggiare, volare in Asia,
Florida, Finlandia. C’è un costo, non solo degrado ambientale,
parlo di conseguenze virologiche e assenza di
impegno sul territorio. Le persone in Europa non cambiano
residenza così tante volte come noi in Nord America.
Fermare questo, ricalibrarlo è una buona cosa. Bisogna
chiedersi: perché sono qui? Perché sei qui? Cosa
stiamo costruendo insieme?».
Lei sul Financial Times ha coniato il neologismo “noptimism” per l’idea che solo la mancanza di speranza può dare speranza di cambiamento. È
In un altro aforisma dice. «IL CLOUD È IL NUOVO INFINITO». Possiamo accumulare informazioni digitali all’infinito. Questo non impigrisce la memoria?
«Sì. Ma forse è una buona notizia».
Nel libro Generazione A lo storytelling appare come una possibile arma di difesa da questa overdose di informazione: una cornice che dà senso e può essere usata come filtro. In passato c’erano le grandi ideologie e fornivano questa cornice. Cosa fare oggi? Servono nuove ideologie? Surrogati narrativi?
Generazione A
«Il libro
riguardava la narrazione e
la virologia. Ecco una storia. Ai primi di marzo ho ri
cevuto una bella lettera scritta a mano da Tom Hanks
Generazione che diceva che era interessato a fare qualcosa con A.
Due settimane dopo alla radio ho sentito
che aveva contratto il Covid in Australia. Il mondo è follemente
interconnesso. In molti sensi, i confini sono
insignificanti. Il confine tra Usa e Canada è stato chiuso
per mesi, altri resteranno chiusi finché non ci sarà
un vaccino. Le persone guidano in auto ascoltando i
podcast. Si abbuffano di tv. Stanno divorando contenuti
a un ritmo incredibile, al punto che tra pochi mesi
ci sarà un “buco di contenuto” nella nostra cultura che
solo ora sta iniziando
a diventare evidente.
E da qualche parte, in
tutto questo accumulo
di storie, le persone
sperano di trovare
qualcosa che li aiuterà
a capire la loro attuale
esperienza. Ma chi
può sapere cosa sarà,
per me o per te?». Anche lo storytelling è pericoloso, la politica usa il suo potere per fini propagandistici, lo vediamo con il coronvirus: Trump contro la Cina, l’India contro i Paesi musulmani. Come ci si può difendere?
«Puoi
provare
non essere stupido.
Ma non funziona mai.
Devi supporre che le
persone credono in
cose stupide.
aUn’altra
storia: nell’estate del 2016 ero a San Pietroburgo,
in Russia, per uno spettacolo in un museo. Qualcuno
ha detto di andare a visitare una fantastica società di
software gestita da un amico. L’abbiamo fatto, è stato
un bel diversivo. Tre anni dopo, ero da mia madre, per
una visita. Guardiamo la tv e alla Cnn vedo un servizio
intitolato così: “Uno sguardo all’interno di una fabbrica
di troll russa”. Beh, era il posto che ho visitato».
Chi è cresciuto dopo la fine del Muro di Berlino, ha visto cadere le Torri gemelle e poi il crollo econonico-finanziario del 2008. Ora, questa pandemia: la
che questi aforismi la interessano perché bisogna comprimere le informazioni al massimo. Come li realizza?
«Ogni slogan è pensato per essere autoesplicativo.
Parlare di loro, spiegarli in qualche modo, sottrae loro
il potere che hanno. Mi piace l’idea di compressione. È
una sfida creativa. È difficile vedere i miei slogan rubati
e usati al servizio di persone nefaste. È interessante
notare che ho alcuni amici nella pubblicità e mi dicono
che è il momento peggiore in assoluto negli ultimi 100
anni di pubblicità. Nessuno vuole comprare nulla. Nessuno
ha soldi. Nessuno vuole sapere cosa comprare. E
non puoi girare film o video» .