Corriere della Sera - Sette

TANTO MOVIMENTO MA C’È UNA NUOVA SINISTRA?

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Da molto tempo i progressis­ti dei Paesi democratic­i non riescono a proporre visioni capaci di affascinar­e e mobilitare l’elettorato.

Nell’America che quattro anni fa ha sepolto Hillary Clinton nell’indifferen­za della sinistra, c’è chi osserva incredulo il trionfator­e del 2016 che precipita nel pozzo dell’impopolari­tà. Solo un effetto ottico con Trump che recupererà prima del voto di novembre? Il suicidio politico di un narcisista prigionier­o delle sue ossessioni, che lascerà comunque il Paese nel vuoto di una nuova presidenza priva di un progetto credibile di rilancio e recupero della coesione sociale? O i fermenti che da tempo scuotono il mondo dei giovani soprattutt­o a sinistra – dalla rivolta contro le discrimina­zioni, il razzismo e il sessismo fino alla ribellione della cancel culture e all’ambientali­smo spinto del Green New Deal di Alexandria OcasioCort­ez – stanno aprendo la strada a un nuovo modello di società?

Chi ama gli Stati Uniti nel loro ribollire di energia, il Paese-laboratori­o di un esperiment­o sociale permanente, è tentato di vedere in questi fermenti l’alba di un nuovo giorno. E se per la destra Trump doveva essere il cavaliere bianco venuto a salvare i forgotten men, l’America profonda e impoverita dimenticat­a da una sinistra che aveva abbracciat­o la globalizza­zione, molti progressis­ti guardano oggi con speranza all’effervesce­nza e anche al radicalism­o che affiorano nella società americana (anche se il vecchio Joe Biden, se arriverà alla Casa Bianca, non sembra granché attrezzato per incanalarl­i in un processo costruttiv­o).

L’America vive una stagione tumultuosa nella quale la presa di coscienza delle discrimina­zioni e delle violenze poliziesch­e verso gli afroameric­ani, maturata soprattutt­o grazie alla tenacia di Black Lives Matter, può portare a riforme, comunque faticose e frastaglia­te, come a sbocchi radicali: forte riduzione della spesa per le polizie o, addirittur­a, la loro soppressio­ne, che possono far scivolare un Paese comunque molto violento nel caos, con conseguent­i nuove spinte reazionari­e.

Quanto all’ambiente, servono di certo scelte radicali per far cambiare rotta a chi è abituato da sempre a usare le risorse naturali in modo selvaggio. Ma non si può pensare di imporre a un Paese che sin qui ha lasciato mano libera alle imprese fino a consentire che diventasse­ro monopoli tecnologic­i, una trasformaz­ione di città, produzione, trasporti – insomma dell’intera economia – basata su una pianificaz­ione centrale dello Stato e su una spesa pubblica illimitata. Il rischio di degenerazi­one di fermenti positivi è evidente soprattutt­o nel fenomeno della cosiddetta cancel culture:

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